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LE DIGHE DI FUSINO E DI VALLE GROSINA (GROSIO)

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Risalendo da Grosio la stretta forra del torrente Roàsco sino a Fusino, il paesaggio appare segnato da due invasi artificiali, dei quali incuriosiscono soprattutto le piccole dimensioni.

Il primo, più in basso e più antico, denominato all'epoca della sua realizzazione "Bacino di Roasco", appare ormai spesso vuoto; esso è chiuso dalla diga di Fusino, uno sbarramento in calcestruzzo ciclopico rivestito in pietra, del tipo ad arco-gravità, cioè che si oppone alla spinta dell'acqua in parte grazie al proprio peso, e in parte scaricandola sulle spalle in roccia attraverso la sua curvatura ad arco.

Alta una sessantina di metri e con coronamento lungo 72 m, essa venne costruita fra il 1919 e il 1924 dalla neonata Azienda Elettrica Municipalizzata di Milano, che potendo sfruttare il nuovo sistema di trasporto trifase dell'alta tensione, cercava fonti di approvvigionamento elettrico nelle vallate alpine. Il piccolo bacino del Roàsco, con una capacità di soli 200.000 m3, intercettava le acque della Val Grosina, regolarizzandone le piene, per turbinarle poi nella Centrale del Roàsco, un bell'edificio ai piedi del Castello Visconteo di Grosio, di cui riecheggia volutamente l'aspetto di fortificazione.

Oggi il piccolo invaso non assolve più questo compito, venendo usato come vasca di accumulo a scopo industriale, per il raffreddamento delle apparecchiature elettriche della nuova centrale di Grosio, entrata in opera successivamente allo sbarramento più alto.

Quest'ultimo, denominato Diga di Val Grosina, viene progettato solo alla fine degli anni '50, a completamento dell'imponente sistema di produzione idroelettrica che AEM aveva ormai sviluppato in Alta Valtellina.

Nel 1928 infatti era stata ultimata la prima diga del Cancano, a cui seguirono nel 1950 la diga di San Giacomo di Fraèle, e nel 1956 la nuova diga del Cancano, che sommergeva la prima, ampliandone l'invaso.

Si era ormai consolidata l'idea di mettere "in rete" più bacini, per sfruttarne al meglio le acque attraverso salti successivi, estendendone in contemporanea l'area di alimentazione con opere di presa nelle valli laterali, collegate a un esteso complesso di canali di gronda in caverna: a oriente di Bormio, il Canale Gavia-Forni-Braulio, e a occidente il primo Canale Viola e il Canale dello Spöl, che a Livigno deriva l'acqua da un tributario del Danubio.

Le acque di questo enorme bacino di alimentazione, regolato dagli invasi di San Giacomo e Cancàno, e turbinate nella centrale in caverna profonda di Premadio, 650 m più sotto, potevano ancora essere sfruttate a valle: attraverso un canale sotterraneo in quota, lungo oltre 25 km, vennero quindi convogliate ai vecchi impianti sopra Grosio, di cui diveniva necessario così il potenziamento.

Venne allora costruita la seconda diga sul torrente Roàsco, che entrò in funzione assieme alla nuova centrale in caverna di Grosio nel 1960, sfruttando un salto di quasi 650 m.

La diga di Val Grosìna, ben visibile già dalla piazza della chiesa di Fusino, appare come uno sbarramento rettilineo in calcestruzzo, alto un'ottantina di metri, caratterizzato da due sfioratori centrali e da una decina di speroni a sezione trasversale triangolare, protesi verso valle: è l'aspetto tipico delle cosiddette dighe a gravità a speroni pieni, in cui i moduli, addossati lungo il paramento di monte, si oppongono col proprio peso alla spinta dell'acqua. Si tratta di una tipologia di dighe molto usata in Italia tra le due guerre e nell'immediato dopoguerra: la diga di San Giacomo di Fraèle ne è in queste valli uno degli esempi più imponenti.

Fra le cosiddette "grandi dighe" - con altezza superiore a 15 m o invaso maggiore di un milione di metri cubi - quella di Val Grosìna dà luogo a un bacino fra i più piccoli, di soli 1,2 milioni di metri cubi; si pensi, come confronto, ai 64 milioni di metri cubi del Lago di S. Giacomo, o ai ben 124 milioni del Cancàno!

Esso però è di importanza fondamentale all'interno del sistema idroelettrico che - gestito ora da A2A - alimenta tutt'oggi la città di Milano, agendo come "vasca di carico" per regolarizzare la portata all'impianto idroelettrico di Grosio, che è per potenza - 431 Mw, sviluppata attraverso 4 turbine Pelton - il nodo centrale dell'intero sistema valtellinese.

Complessivamente quindi i due invasi della Val Grosìna racchiudono in sè tutta la storia della rete idroelettrica valtellinese costruita da AEM: il Fusino è stato infatti il primo bacino "milanese" in valle, mentre la diga di Valgrosìna è non solo la più recente ma anche quella che chiude il sistema dell'alto bacino dell'Adda, permettendo di svilupparne la massima potenza; è in pratica la diga con l'invaso più piccolo ma che alimenta la centrale che produce la maggior quantità di energia di tutto il sistema.  

Le acque qui turbinate vengono poi riciclate ulteriormente, sfruttando un salto ridotto, alla centrale di Lovero che completa la rete.

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