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IL MONTE SAN GIORGIO

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A cavallo del confine italo-elvetico, il massiccio del Monte San Giorgio appare come un triangolo montuoso che da Viggiù e Mendrisio si protende verso settentrione, separando i due rami meridionali del lago Ceresio; nel suo complesso, esso è considerato unico in Europa per lo studio dell'evoluzione della vita sul Pianeta, in un intervallo di tempo compreso tra 250 e 170 milioni di anni fa, cioè per tutto il Triassico e parte del Giurassico.

La sua cresta principale, estesa dalla punta a NNE sino a Viggiù a SSW, è segnata da due culminazioni, il Monte San Giorgio propriamente detto (m 1097) e il Poncione d'Arzo (m 1015); la sua ossatura è data da una successione complessa di rocce magmatiche e sedimentarie, disposte con un'inclinazione di una quarantina di gradi verso i quadranti meridionali.

Questa struttura fa sì che percorrendone i sentieri lungo i versanti, si incontrino via via da nord verso sud rocce più giovani, "sfogliando" così con continuità, strato dopo strato, una storia geologica di oltre 80 milioni di anni.

Tutta la porzione settentrionale, salendo da Porto Ceresio sino a Pianascio (m 860) e quindi ridiscendendo verso Riva San Vitale, è infatti costituita da banchi di rocce vulcaniche silicatiche - andesiti e rioliti della Serie del Piambello - originati da estese colate laviche che alla fine dell'Era Paleozoica ricoprirono tutta l'area.

Su di queste giacciono le prime rocce sedimentarie, deposte nel Triassico inferiore entro un bacino marino che, estendendosi da oriente, andava via via sommergendo l'area lombarda occidentale: si tratta di arenarie quarzose provenienti dall'erosione delle vicine terre emerse, a cui seguono dolomie massicce deposte in una laguna subtropicale poco profonda. Le loro bancate risalgono in obliquo il versante da Besano sino alla cima del San Giorgio, per poi ridiscendere sino alla piana a meridione di Riva, costituendo una ben evidente cornice rocciosa svettante dal bosco.

All'interno di queste dolomie si estende il livello di argilliti nerastre bituminose, ricche di idrocarburi, noto sin dall'antichità come "scisti ittiolitici di Besano", caratterizzato da una straordinaria ricchezza di fossili di Vertebrati e di Invertebrati, e unico sia per il gran numero di specie diverse presenti che per l'eccezionale stato di conservazione delle stesse.

Il ritrovamento di faune in cui sono presenti contemporaneamente non solo generi o famiglie diverse, ma addirittura ordini - dagli invertebrati ai vertebrati più evoluti - è particolarmente prezioso, perché permette di vedere le relazioni intercorrenti fra i vari organismi, individuando le prede e i predatori, e ricostruendo così buona parte dell'ecosistema dell'epoca.

A queste bancate di dolomie con orizzonti di argilliti fossilifere segue, da Besnasca salendo alla cresta fra San Giorgio e Poncione d'Arzo, e poi giù sino a Meride, un'altra importante successione fossilifera: i calcari stratificati della Formazione di Meride, alla cui sommità spiccano livelli calcareo-marnosi chiari, fittamente laminati, datati a circa 235 milioni di anni fa. Questi ultimi si sono deposti in una laguna tropicale poco profonda e dal fondale tranquillo, e hanno seppellito rapidamente i resti dei numerosi organismi che in essa vivevano, permettendone così la perfetta conservazione.

Queste faune sono di meno di 10 milioni di anni più giovani di quelle dei livelli di Besano; il confronto fra esse permette quindi di valutare come si sono evoluti famiglie e generi in questo arco di tempo, osservando lo sviluppo di nuove morfologie scheletriche e la comparsa di nuove specie.

Sopra questi strati si deposero potenti bancate di dolomie chiare, tipiche di un ambiente di piattaforma carbonatica analogo alle Bahamas attuali: esse costituiscono, a sud di Besano, il cornicione roccioso inclinato che sale sino alla cima del Poncione d'Arzo, per poi scendere a oriente sino a Arzo. Poco adatte alla conservazione di fossili, queste rocce appaiono piuttosto poco interessanti, ma la successione stratigrafica del Monte San Giorgio non finisce con esse.

Tutto il versante meridionale del massiccio, infatti, da Saltrio a Tremona, ha conservato gli strati deposti nel Giurassico entro un bacino via via più aperto e profondo, ma dal fondale molto movimentato. Banchi di brecce rosate - cavate come pregiata pietra ornamentale, il Broccatello d'Arzo - indicano la presenza di zone alte, da cui si staccavano frane che scendevano verso aree più profonde. In queste acque nuotavano numerosi animali, non solo invertebrati quali numerosi generi di ammoniti, ma anche grandi vertebrati predatori. Nelle cave di Saltrio, infatti, sono stati scoperti numerosi resti di rettili marini, tra cui lo scheletro completo di una nuova specie, mai descritta prima, che ha preso nome proprio da qui: il Saltriosauro.

La concentrazione di siti paleontologici importanti e in gran numero entro un'area ristretta, uniti alla esemplarità geologica della successione stratigrafica, conservata per vasti tratti senza alcun disturbo tettonico, hanno reso il massiccio del Monte San Giorgio meritevole della massima protezione e valorizzazione, tanto da essere iscritto tra i patrimoni tutelati dall'UNESCO.

 

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