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AREA DI INTERESSE NATURALISTICO E SIC DELLA CIMA DE' PIAZZI

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La Cima de' Piazzi, ben visibile da tutta la conca di Bormio e dalla Val Viola, costituisce la culminazione dell'omonimo massiccio, che separa la valle principale dell'Adda dalle valli Verva e Grosìna; esso si estende in senso meridiano dal Corno di San Colombano al Monte Rinalpi, e verso sud dal Pizzo Coppetto sino alle Cime di Redasco.

Il suo versante settentrionale, affacciato sulla Val Viola, si articola nei due valloni principali di Cardoné e Lia, caratterizzati dalla presenza, alla loro testata, di un apparato glaciale complesso, attualmente in rapido ritiro, contornato da alcuni corpi ormai classificabili come glacionevati, ai quali è dedicata una specifica scheda (I GHIACCIAI DELLA CIMA DE' PIAZZI).

 

All'esterno dell'area occupata sino al secolo scorso dai ghiacciai, si estende un mosaico di ambienti di alta quota tipici dei substrati acidi, poiché tutto il versante destro del bacino del Viola è modellato in rocce metamorfiche silicee; molti di essi in particolare rientrano nell'elenco degli habitat tutelati dalla Comunità Europea per la propria importanza ecologica e per la loro fragilità. Per tale motivo, questi versanti sono compresi, e protetti, entro il più vasto Sito di Importanza Comunitaria (SIC) di Val Viola - Cima de' Piazzi.

 

Nella fascia più alta, in via di espansione sulle aree via via liberate dal ghiacciaio, allignano piante pioniere che si sviluppano sui ghiaioni e sui depositi glaciali a granulometria più fine (habitat 8110); a esse fanno contorno, sulle pareti più esposte, rivolte con continuità verso NE, comunità tipiche degli anfratti in roccia, adattate a sfruttare le scarsissime risorse presenti (habitat 8220); numerose sono in questi ambienti le specie di interesse comunitario, alcune particolarmente rare e spesso note per la loro spettacolare ma breve fioritura.

Questa fascia è insidiata, al margine inferiore, dall'avanzare di una boscaglia con specie legnose striscianti - quali il salice nano - amanti dei suoli umidi in prossimità dei rivoli di acque di fusione (habitat 4080).

A quote ancora inferiori, gli habitat predominanti sono quello delle praterie acidofile d'alta quota (6150), in competizione con la vegetazione cosiddetta "delle lande alpine" (habitat 4060), caratterizzata da un intrico si arbusti bassi, ad andamento prostrato quali i rododendri (Rhododendron ferrugineum), i mirtilli (Vaccinium myrtillus) e il ginepro (Juniperus communis): si tratta delle estreme propaggini delle aree a pascolo, che qualora abbandonate evolvono rapidamente a boscaglia, mentre tendono a espandersi verso la fascia superiore sui pendii stabili o stabilizzati.

 

Scendendo oltre i confini del SIC, fra i 2050 e i 2350 m di quota, si estendono poi i pascoli di Cardonné e di Boròn, in Val Lia, facenti capo all'Alpe Boròn.

Quest'ultima, acquistata da Regione Lombardia nel 1995 e affidata all'Ente Regionale per i Sevizi all'Agricoltura e alle Foreste (ERSAF), è tutt'oggi condotta dalla stessa famiglia che nel 1900 divenne proprietaria della vicina malga Cardonné.

Attraverso quattro generazioni, essa subentrò prima nella conduzione dei due alpeggi, quindi nel '64 acquistò anche la malga Boròn, raccogliendo la sfida offerta da un'economia alpestre che in quegli anni appariva ormai in crisi. A quel tempo, comunque, nei prati dell'alpe monticavano ancora circa 180 capi bovini e oltre 300 ovicaprini.

Ampliata e arricchita di un caseificio per la lavorazione in loco del latte dell'alpeggio, la malga divenne ben presto un punto di riferimento anche per un turismo escursionistico e alpinistico via via più frequente.

 

Attualmente l'alpe regge un carico medio di una settantina di capi di bovini, 160 ovini e alcuni suini.

Fra i bovini, principalmente di razza bruna, tipicamente da latte e adatta al pascolo di montagna, spiccano delle particolari mucche - di recente introduzione - dal lungo pelo rossiccio e dalle ampie corna a lira: si tratta delle Highlander, una razza originaria della Scozia che si sta diffondendo nelle Alpi per le sue particolari caratteristiche.

Resistenti alle malattie e protetti dal freddo dal lungo e folto pelo, infatti, questi animali non abbisognano di uno spesso strato di grasso per vivere in climi freddi o in alta quota; la loro carne è quindi pregiata perché magra e con poco colesterolo.

 

Posta su un percorso alla portata di tutti, oggi l'Alpe Boròn permette di riscoprire le tradizionali attività pastorali, di assistere alla lavorazione del latte per la produzione del formaggio, e di sostare in un ambiente in cui ancora le attività dell'uomo, pur con una sguardo rivolto al futuro, continuano a svolgersi come un tempo, mantenendo un equilibrio con l'ambiente circostante.

Essa è infatti ormai un apprezzato punto di ristoro, con possibilità di pernottamento, per quanti vogliano addentrarsi nel cuore dei valloni del versante settentrionale della Cima de' Piazzi, spingendosi attraverso l'area del SIC sino alle estreme propaggini dei ghiacciai.

http://www.ruralpini.it/file/Alpeggi/Libro%20ricordo%20del%20Boron-Copia.pdf

https://www.ersaf.lombardia.it/it/b/621/alpeboron

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