• Home
  • Siti di interesse geologico
LE SORGENTI DELL'ADDA

Fai login per aggiungere ai preferiti

Il Passo di Valle Alpisella segna il culmine di due valloni divergenti, allineati da occidente a oriente e percepiti dai geografi come un unico lineamento geografico, tanto da essere chiamati ambedue, nelle vecchie carte topografiche, Valle dell'Alpisella. Delle due, la più importante per estensione si presenta come una sorta di lunga conca d'alta quota, che scende dolcemente verso oriente per quasi due chilometri, prima di immettersi, con una brusca rottura di pendenza, in uno stretto canalone sfociante nel lago artificiale di San Giacomo di Fraèle: in questo ampio vallone, coronato sui due fianchi da montagne estremamente diverse fra loro sia per l'aspetto che per la roccia che le costituisce, ha origine il fiume Adda. Sulla sinistra idrografica, le pendici meridionali della costiera del Pizzo del Ferro incombono come una muraglia pressoché verticale di rocce dolomitiche chiare, scomposte in guglie e pinnacoli aguzzi, e corrose dall'erosione, che si concentra lungo il fitto reticolo di fratture che attraversa l'ammasso. Un'imponente fascia detritica pressoché continua, alimentata dalle pareti soprastanti, ne fascia il piede, spesso interrotta da vistosi e ripidi conoidi, lungo i quali colate di detrito e fango scendono a volte sino al sentiero. Sulla destra, i versanti settentrionali del gruppo Monte Torraccia - Monte Pettini appaiono al confronto lontani, costituiti da rocce calcaree grigie stratificate e a tratti quasi contorte, che emergono dietro morbidi dossi prativi; questi ultimi sono modellati su di un'estesa coltre di depositi glaciali che giunge sino al fondovalle, ove è sepolta dalle falde di detrito. Qua e là, nell'erba, piccole polle d'acqua emergono dal suolo, ristagnando in una serie di laghetti e torbiere, quasi fossero incerte se affrontare il lungo cammino che le attende, verso un mare lontano e a loro ignoto: radunandosi, infatti, come fiume Adda attraverseranno l'intera Valtellina e il grande lago di Como, per poi unirsi al Po e raggiungere il Mediterraneo.   L'asse delle due valli dell'Alpisella coincide con il sovrascorrimento della falda tettonica di Quatervals sulla falda cosiddetta dell'Ortles: si tratta di due grandi piastroni di roccia, estesi per decine di chilometri, che durante l'orogenesi alpina si sono accavallati l'uno sull'altro. A settentrione, le rigide dolomie della falda Quatervals, sotto le sollecitazioni tettoniche si sono letteralmente frantumate, mentre a meridione i calcari marnosi della sottostante falda Ortles sono stati trascinati e arricciati in fitte pieghe; esse appaiono in tutta la loro potente spettacolarità dall'altro lato della cresta, ben visibile dal Passo d'Eira e descritto come sito di interesse geologico di Cima Pozzin. Al contatto fra le due unità tettoniche, un improvviso cambio nella permeabilità delle rocce causa la venuta a giorno della falda acquifera presente nelle permeabili dolomie. Le acque meteoriche, infatti, scendendo entro le fratture delle rocce dolomitiche del versante settentrionale, si arrestano bruscamente quando incontrano gli strati marnosi, praticamente impermeabili, che giacciono sotto il fondovalle: devono quindi trovare delle vie d'uscita laterali, attraverso il detrito o il suolo, e si dividono quindi in numerose, piccole sorgenti sparse su di un'ampia area. Il loro flusso dà luogo così a numerosi rivoli confluenti in un torrentello principale, che via via si ingrossa scendendo vero la valle di Fraèle: il novello Adda, pronto per iniziare il suo lungo percorso!
GHIACCIAIO DI PIETRE ( ROCK-GLACIER) DEL FOSCAGNO

Fai login per aggiungere ai preferiti

Non lontano dal Passo del Foscagno è possibile osservare una forma del paesaggio di alta quota di grandissimo interesse: un ghiacciaio di pietre! Il termine ghiacciaio non deve però indurci in errore, siamo infatti fuori dal "sistema glaciale" e stiamo invece visitando il "sistema periglaciale", il regno del permafrost, del quale i ghiacciai di pietre o rock glacier sono le manifestazioni più evidenti. Con il termine permafrost si intende la roccia o il suolo gelati per almeno due anni consecutivi. In genere il permafrost è caratterizzato da uno strato superficiale, che va incontro a fusione in estate, e da uno strato profondo permanentemente gelato. Il cuore di ghiaccio nascosto da roccia, detrito o suolo può essere massivo o interstiziale, e lo strato interessato dal permafrost può variare da poche decine di metri ad oltre 200 metri di spessore: il record europeo di spessore noto del permafrost è stato raggiunto non lontano dal Passo del Foscagno, al Passo dello Stelvio, dove ad oltre 3000 m di quota i ricercatori del progetto SHARE STELVIO hanno trovato permafrost fino ad oltre 200 m di profondità. La perforazione che ha permesso questa scoperta è stata strumentata dalla cima al fondo con termometri, che hanno rilevato temperature sottozero per due anni consecutivi alla base del foro, ad oltre 200 m di profondità. Non stupisce pertanto che in questo settore delle Alpi siano così diffusi i ghiacciai di pietre: il catasto nazionale dei rock glacier ne annovera infatti oltre 1200 sulle Alpi Italiane, di cui circa un terzo del totale localizzato in Lombardia; la Valtellina in particolare ne presenta molti di medie e grandi dimensioni. Il movimento dei rock glacier è molto più lento di quello dei veri ghiacciai: mentre un ghiacciaio si muove di parecchie decine di metri all’anno, un ghiacciaio di pietre è caratterizzato invece da un movimento di pochi centimetri o decimetri all’anno, difficile da rilevare senza strumenti ad alta precisione. Le rughe e i lobi che caratterizzano un rock glacier sono la diretta conseguenza di questo lentissimo e continuo movimento, e all’occhio attento del geologo non sfuggono quali principali indizi della dinamicità di queste forme, e della probabile presenza del permafrost. Riconoscere un rock glacier non è però sempre facile per i non addetti ai lavori: molte volte infatti queste affascinanti forme vengono scambiate per pietraie o semplici accumuli di massi, invece sotto una coltre di detrito si cela un cuore di ghiaccio! Per capire di cosa stiamo parlando, osserviamo il "ghiacciaio di pietre" del Foscagno, localizzato nella valle di modellamento glaciale chiamata circo della Forcellina, che si apre a SW del Passo del Foscagno. Il rock glacier del Foscagno ha una struttura complessa: esso è formato infatti da diversi lobi parzialmente sovrapposti, che ne distinguono le porzioni inattive - cioè quelle che non si muovono e sono vegetate, a testimonianza della cessata dinamica - da quelle ancora attive, ovvero in movimento, non vegetate e con ghiaccio ancora presente all’interno. Per esempio, la porzione più a valle, che raggiunge quota 2390 m, è coperta da erba ed è senza dubbio inattiva, cioè senza più movimento. Va sottolineato che nel circo della Forcellina era presente fino ai primi anni ‘30 del Novecento un piccolo ghiacciaio bianco, ovvero non coperto da detriti. Questo suggerisce che l’attuale rock glacier del Foscagno, come molti altri delle Alpi, possa derivare dalla trasformazione di un vero ghiacciaio, che nel corso di un periodo lungo anche migliaia di anni è stato progressivamente sepolto da crolli e frane, fino a diventare un ghiacciaio di pietre. In molti altri casi il ghiaccio presente all’interno dei rock glacier è diverso per struttura cristallina dal ghiaccio glaciale, non deriva cioè dall’accumulo e dalla trasformazione della neve, bensì risulta derivante da processi complessi di fusione e rigelo, che portano poi alla formazione di permafrost che cementa i massi. Dopo aver incontrato e osservato il rock glacier del Foscagno, quindi, dovremo guardare gli accumuli di rocce in alta montagna con occhi diversi, chiedendoci se siamo davanti a una manifestazione del permafrost.
GHIACCIAIO DELLA VENTINA

Fai login per aggiungere ai preferiti

Da Chiareggio, in alta Val Malenco, è possibile con una breve deviazione - circa un'ora di cammino su facile mulattiera - raggiungere l'alta Val Ventìna e da qui la fronte dell'omonima vedretta. Usciti dal bosco, non più di 360 m sopra l'abitato, la mulattiera supera il gradino su cui sorge il Rifugio Gerli-Porro, sottolineato da ampie superfici in rocce arrotondate e levigate dall'antico ghiacciaio, quando più di 18000 anni fa confluiva in quello della valle principale; da qui la vista spazia sulla spettacolare corona di cime del gruppo del Disgrazia, non a caso denominato all'inizio dell'800 "Pizzo Bello": la Cima di Sassersa, il Pizzo Giumellino, il Pizzo Cassandra e verso ovest la culminazione del massiccio, che sfiora i 3700 m di altitudine. Proseguendo nella piana dell'Alpe Ventina, dopo l'omonimo rifugio, i segnavia e i pannelli illustrativi del Sentiero Glaciologico Vittorio Sella - allestito nel 1992 dal Servizio Glaciologico Lombardo - accompagnano l'escursionista alla scoperta delle tracce lasciate dalla lingua glaciale della Ventìna nell'arco degli ultimi secoli: essa ha infatti attraversato periodi di avanzata e periodi di ritiro anche accentuato. Tra gli apparati lombardi, la Vedretta della Ventìna può d'altra parte vantare una delle più lunghe serie di misure e di osservazioni scientifiche: i primi rilievi finalizzati a quantificarne le variazioni di posizione della fronte risalgono infatti alla fine dell'800. Da allora, per poter confrontare i dati, sono stati individuati dei punti di misurazione fissi, oggi evidenziati lungo il percorso. Anche rimanendo presso i rifugi, nel fondovalle sui 2000 m di quota, però, si può apprezzare in panoramica l'azione di modellamento svolta dal ghiacciaio e, in tempi più recenti, dall'azione dei torrenti e dei cicli di gelo-disgelo. La conca presenta infatti il caratteristico profilo a U legato all'esarazione glaciale; rocce montonate - cioè modellate in dossi arrotondati durante l'avanzata della lingua glaciale - affiorano al centro della piana antistante la fronte, costruita dai detriti rimaneggiati dalle acque di fusione: qui il torrente scorre pigro creando meandri regolari, contornato da una vegetazione ormai ben sviluppata; la presenza di specie arboree indica che è ormai trascorso parecchio tempo da quando il ghiaccio ha liberato questa zona. Più in là, oltre i larici, un possente argine detritico dalla cresta affilata contorna alla base le pareti sotto il Passo Ventìna: è la morena destra costruita dal ghiacciaio durante la Piccola Età Glaciale, il periodo di generale avanzata dei ghiacciai delle Alpi che va dal 1550 circa sino al 1850; con il suo netto rilievo, essa sottolinea lo spessore raggiunto dalla lingua glaciale - oltre 100 m - nel corso della sua massima espansione storica, verso la metà dell'800. In questo periodo, essa occupava gran parte del vallone, spingendosi verso il basso sino quasi ai 2000 m di quota; all'altezza della fronte attuale, da sinistra confluiva in essa un'altra lingua glaciale, che scendeva dal versante occidentale del Pizzo Ventina, lungo il Canalone della Vergine. Dopo la Piccola Età Glaciale, la Vedretta della Ventìna entrò in una fase di regresso pressoché continua, durante la quale la sua fronte è arretrata di quasi un chilometro e mezzo, attestandosi quasi 300 m più in alto; analogamente il Ghiacciaio del Canalone della Vergine si è ritirato, divenendo indipendente e arroccandosi al di sopra dei 2400 m s.l.m. Questa generalizzata riduzione delle due lingue glaciali è stata interrotta più volte da brevi pulsazioni positive fra il 1915 e il 1921, e soprattutto fra il 1973 e il 1989; le loro tracce sono evidenziate con appositi segnali lungo il Sentiero. Dopo il 1989, il ritiro delle fronti è ripreso con ritmi via via più sostenuti, secondo una tendenza comune a quasi tutti i ghiacciai montani del pianeta: negli ultimi quarant'anni, la Vedretta della Ventìna ha infatti perso circa un quarto della sua superficie, riducendosi all'attuale estensione di poco meno di due chilometri quadri. E' evidente che il cambiamento climatico in atto non può che accelerare questa evoluzione: le proiezioni ottenute dai glaciologi, sulla base di modelli fondati sugli scenari climatici prevedibili per i prossimi decenni, suggeriscono infatti che per la fine di questo secolo della Vedretta della Ventìna possa solo rimanere la memoria, fissata nelle forme del paesaggio e nelle foto che si sono via via accumulate a partire da fine '800.
LE GRANDI PIEGHE DI CIMA DI POZZIN

Fai login per aggiungere ai preferiti

Dal belvedere al Passo d'Eira, o appena prima, lungo la strada venendo da Trepalle, guardando a nord est, la Cima di Pozzin permette di apprezzare le immani forze che hanno plasmato la catena alpina. Nel Giurassico, tutta quest'area era al margine di un oceano stretto fra le placche continentali europea e africana. Centotrenta milioni di anni fa, mentre per i dinosauri iniziava il declino che li portò all'estinzione, l'Africa avviò la sua rotazione verso nord, avvicinandosi all'Europa. Inizialmente, la crosta oceanica si raccorciò, immergendosi sotto la placca continentale africana, sino a consumarsi quasi completamente, mentre l'oceano andava chiudendosi; quindi - circa 60 milioni di anni fa - Africa ed Europa letteralmente si scontrarono, trascinando nella collisione brandelli residui di rocce del fondo oceanico: essi affiorano oggi più a occidente, in Val Malenco. I sedimenti marini, deposti al margine delle due placche nel corso di quasi 200 milioni di anni, subirono a loro volta gli effetti dello scontro: le rocce dolomitiche, massive e rigide, si frantumarono in piastroni accavallati gli uni sugli altri, mentre le successioni stratificate costituite da argilliti e marne vennero fittamente ripiegate. All'alba della nuova era, come una Venere nascente dalle acque, le Alpi sorgevano dal mare, innalzandosi via via per migliaia di metri contro il cielo. L'intera, complessa serie di eventi durò oltre 30 milioni di anni; mentre la giovane catena montuosa diveniva via via più alta, l'erosione aveva iniziato già a modellarne i fianchi, scavando valli e affilando creste. Davanti a voi, una di queste profonde incisioni riporta alla luce i sedimenti marini deposti nel Giurassico e coinvolti in questo imponente processo orogenetico: ampie pieghe coricate, formate da spessi banchi di marne argillose, e sottolineate da sottili strati calcarei, sembrano fuggire verso meridione, sospinte dalle incombenti masse dolomitiche delle montagne retrostanti. Dall'alto di quelle montagne, 250 milioni di anni di storia del pianeta Terra vi guardano!
CENTRO VISITE GRUPPO DI TESSA

Fai login per aggiungere ai preferiti

Il centro visite è stato creato nel 1984 presso la scuola media di Naturno e dal 1992 ha l’aspetto attuale.
GEOPARC BLETTERBACH (ALDINO)

Fai login per aggiungere ai preferiti

Il Patrimonio UNESCO vi permette di dare uno sguardo nell’interno delle montagne, nel mondo delle rocce e nella storia delle Dolomiti.