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MAGGIORA PARK (MAGGIORA)

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Il Maggiora Park è uno dei più grandi Action Sport Park D'Europa e il più importante in Italia per disponibilità di servizi e specialità praticabili.
AUTODROMO PRAGIAROLO (MAGGIORA)

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L’autodromo Pragiarolo nasce nel 1971, su iniziativa dello Sport Club Maggiora, come primo impianto permanente d’Italia dedicato all’autocross. Fin da subito si impone come punto di riferimento per l’autocross ed il fuoristrada, consolidando nel tempo un ruolo di primaria importanza nel panorama internazionale, registrando puntualmente numeri record di partecipazione da parte dei piloti di tutta Europa.Dopo più di quarant’anni, con quasi duecento gare organizzate all’attivo, lo Sport Club Maggiora, rimanendo nell’ambito del settore off-road che da sempre ne rappresenta il core business, decide di investire nello sviluppo del proprio autodromo realizzando il nuovo tracciato permanente dedicato al Rallycross omo-logato dalla FIA e dalla Csai per ospitare gare a livello mondiale.Fonte: https://it.readkong.com/page/eventi-2018-maggiora-offroad-arena-3469976 I nostri contatti:Associazione Sportiva Dilettantistica SPORT CLUB MAGGIORALocalità Pragiarolo 128014 Maggiora (NO) -ITALY-info@sportclubmaggiora.itPer informazioni rivolgersi a: sig. Riccardo Fasola, tel. +393484163564Iscrizioni ed informazioni sulle manifestazioni sportive: tel. +393356307698 – iscrizioni@sportclubmaggiora.itContabilità, fornitori, tasse iscrizione: amministrazione@sportclubmaggiora.itPer noleggio pista: noleggi@sportclubmaggiora.it 
CIMITERO DI MAGGIORA

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La città di AntonelliMaggiora, cittadina pedemontana fra il corso del Sesia e quello dell'Agogna, deve la sua fama ad Alessandro Antonelli (1798-1888), architetto figlio di una famiglia notabile del luogo, anche se nato nella vicina Ghemme.Formatosi a Roma e Milano, la sua opera più innovativa è ormai uno di quegli edifici-simbolo che identificano una città, e che quasi tutti sanno riconoscere: la Mole Antonelliana di Torino, ardita costruzione a pianta quadra e slanciatissima cupola in travi di acciaio e cemento, in origine progettata come tempio ebraico, e successivamente acquistata e completata dal Comune di Torino.Le opereFra gli interessi principali dell'Antonelli vi era però lo studio dell'assetto urbanistico delle città che si affacciavano alla modernità, e che richiedevano la risistemazione di quartieri e centri storici secondo nuovi criteri di linearità e funzionalità: nacquero così i grandi progetti per il cento storico e per il quartiere Vanchiglia di Torino, ma anche la meno appariscente proposta per la piazza principale della stessa Maggiora.Qui inoltre progettò la scalinata lungo il fianco della parrocchiale che immette allo scurolo di Sant'Agapito, e provvide ad ampliare la grande casa di famiglia, edificio a quattro piani caratterizzato dall'estrema pulizia di linee che è caratteristica di tutta la sua opera, ispirata ad uno stile neoclassico con accenti eclettici.Il cimitero, eredità del suo stileLa stessa essenziale ricerca di funzionalità, in cui anche i tradizionali ornamenti - colonne, lesene, timpani e archi - divengono parti integranti della struttura dell'edificio, si ritrova nel cimitero di Maggiora, progettato dal figlio Costanzo, anche lui architetto, e completato fra il 1887 e il 1910, traendo frutto dal consiglio e da un'iniziale aiuto da parte del padre Alessandro.L'ingresso dalle linee neoclassiche rende inconfondibile la liscia facciata, immettendo direttamente davanti alla equilibrata cappella circolare con lanterna che domina l'intero spazio; lateralmente lungo il perimetro, scandito dal ritmo di pilastri e colonne del porticato, spicca invece la tomba di famiglia degli Antonelli, dalle cui superfici murarie in marmo chiaro si staccano i busti in bronzo dell'architetto e dei suoi avi.L'intero complesso è stato oggetto di un recente restauro, che ha ridato l'originaria nitidezza di linee alla struttura; essa si propone oggi come un esempio di quell'architettura civile di fine '800 che cercava di rispondere ai bisogni comuni della popolazione applicando alle infrastrutture le medesime regole e il medesimo senso dell'equilibrio messo a punto in decenni di ricerca sugli edifici di maggior rappresentanza e spicco.
SCUROLO DI SANT'AGAPITO (MAGGIORA)

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La famiglia Antonelli era una delle principali di Maggiora, da molte generazioni impegnata soprattutto nell’attività notarile e nell’avvocatura. Con il periodo napoleonico il padre dell’architetto, fedele sostenitore dei Savoia, fu costretto a lasciare il posto di segretario comunale a Ghemme e rientrò nella nativa Maggiora, per poi spostarsi nel 1809 a Milano dove far studiare i figli. La posizione sociale della famiglia e le importanti parentele nel Novarese, venutesi a creare con i matrimoni delle numerose sorelle di Alessandro, permisero all’architetto di ottenere importanti incarichi (ad esempio a Ghemme e Fontaneto).Il primogenito maschio Antonio (1792-1876) fu avvocato, abile commerciante, e creò una fabbrica di stoviglie; Alessandro (1798-1888) divenne architetto; Ercole (1802-), chirurgo, fu assai stimato professionista e chirurgo dell’Ospedale Civile e Militare di Novara; Giovanni (1805-) divenne geometra ed agronomo; infine Francesco (1815-92) fu impegnato nell’avvocatura.Nonostante la professione portò i fratelli ad abitare altrove, tornavano sovente a Maggiora. Prima di partire per Roma, dove aveva vinto un “pensionato” di sei anni, Alessandro Antonelli progettò nel paese della famiglia la scala d’accesso alla scurolo di S. Agapito, una costruzione lungo il fianco di levante della chiesa parrocchiale, edificata a partire dal 1817 su disegno dell’abate Giuseppe Zanoja. La cripta sottostante aveva portato il pavimento dello scurolo ad altezza superiore al piano della chiesa e la morte aveva impedito alla Zanoja di predisporre la soluzione al problema. Negli anni ’30 intervenne anche nella decorazione interna progettando anche la monumentale arca del Santo.Nel 1832 fu incaricato di predisporre alcuni lavori di manutenzione alle strade ma dopo due anni non aveva fatto ancora nulla. Di fronte al rischio della perdita dell’incarico redasse in fretta un progetto che non si limitava a quanto richiesto ma prospettava una riforma generale della viabilità interna con l’intento soprattutto di migliorarne la percorribilità, resa difficile dalle pendenze molto forti. Nonostante le aspre polemiche l’Antonelli riuscì a condurre a termine i lavori fra il 1835 ed il 1836 con un intervento principalmente sulla piazza principale, che, sono parole sue, «dà maestà alla chiesa, alla piazza ed alle case dei confrontanti, e si porta la massima comodità a tutto il paese».Nel 1888 Crescentino Caselli scriveva: «per dar campo alla sua continua operosità nei mesi estivi di vacanza, e anche per beneficare col lavoro operai e manuali suoi compaesani, tutti gli anni fece lavori intorno alla sua casa paterna, che riformò nella parte vecchia, ingrandì con una manica nuova di pianta, e rese più amena con grandi movimenti di terra nel giardino». Questi importanti lavori alla casa di famiglia, che ben esprime il «raffinamento quintessenziale della forma, elevata a pura poesia» (F. Rosso), pur non completati nel grandioso progetto antonelliano, furono condotti in più anni ma la manica centrale presumibilmente dagli anni ’70. Questa si presenta doppia, di quattro piani fuori terra, affacciata sul giardino e sul viale alberato, con un portico a pian terreno ed una loggia panoramica sulla sommità, di fattura raffinatissima. Ai lati si dipartono altri due edifici più bassi, di differente foggia, che si concludono con due altre costruzioni più piccole, destinate probabilmente a legnaia e deposito attrezzi.Tutto l’edificio a quattro piani, verso il giardino, è caratterizzato da colonne e semicolonne che si concludono con soffitti a volta a botte molto ribassata. Le porte e finestre al piano terra hanno una struttura telescopica con la quale Antonelli ovviò genialmente alla rotazione dei serramenti, impossibile all’interno per le sottilissime pareti. La scala, con i gradini formati da lastre di pietra incastrate nel muro laterale, da accesso ai vari piani attraverso pianerottoli a doppia altezza. Anche la disposizione degli ambienti, delle volte di differente fattura, ed ogni particolare interno ed esterno sono caratterizzati da una estrema pulizia delle linee, così che forma e struttura tendono a quella perfezione che Antonelli ha sempre ricercato in tutte le sue opere.Il figlio di Alessandro, Costanzo (1844-1923), fu ingegnere e collaboratore del padre. A lui si deve la progettazione del cimitero, della quale fu incaricato nel 1882. Sicuramente ebbe dal padre preziosi consigli ed aiuto e formò nel 1887 i disegni definitivi. I lavori terminarono nel 1910, sebbene con modifiche e variazioni.Per inziativa dell’Amministrazione comunale il 7 agosto 1898 venne inaugurato il monumento che ricorda l’illustre architetto, opera dello scultore Giulio Milanoli.
CHIESA DI SAN GIUSEPPE (BORGOMANERO)

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La chiesa di San Giuseppe è ricordata, nei testi di storia locale, come la seconda chiesa del Borgo dopo quella di San Bartolomeo, che è stata costruita verso la fine del XII secolo.E’ un monumento che, nello scorrere dei secoli, ha subito numerose modifiche, ampliamenti e adattamenti, fino all’ultimo intervento significativo che ha avuto luogo all’inizio del secolo scorso, ma si può dire che quello che vediamo oggi ha l’impronta sostanziale che ha ricevuto nel ‘600.Anche se è vero che nel piccolo del nostro Borgo la Chiesa di San Giuseppe non è ricordata come un monumento particolarmente significativo per motivi artistici o di antichità lo è invece sommamente per i suoi precedenti storici, che sono importanti e significativi per noi borgomaneresi – per almeno tre motivi:è il luogo dove la Comunità di Borgomanero ha sviluppato spontaneamente e in modo originale una religiosità laicale, cioè svincolata da regole e controlli ecclesiastici, secondo una tradizione che ha avuto interessantissime testimonianze in Italia nel medio-evo e che è stata  in qualche modo significativamente ripresa, dopo il Concilio, da Comunità di Base e Associazioni di Volontariato (che quindi trovano le loro radici assai lontano nella storia…);è il luogo dove ha cominciato a prendere forma, primo in Borgomanero, quel tipo di associazionismo solo apparentemente folkloristico ma espressione invece di una genuina spiritualità e sensibilità religiosa, che va sotto il nome di Confraternite, e che ora è ormai purtroppo in via di scomparsa;è il luogo dove si può dire sia nato quel culto della Madonna che ancora oggi caratterizza la religiosità della Comunità borgomanerese,  e che trova il suo simbolo nella statua della Madonna Immacolata fatta erigere nel 1721 nella piazza principale del Borgo dall’allora feudatario, il marchese don Gabriel d’Este. 
La Chiesa, dedicata a San Nicola, non ha subito nei secoli alterazioni rilevanti: ha pianta quasi quadrata, a navata unica, con ampia abside semicircolare. La facciata a capanna ha una porta sopraelevata rispetto al suolo, a cui si accede con una breve gradinata, e tre finestre: quelle ai lati della porta sono state fatte aprire nel XVII secolo dal vescovo Bascapè, quella sopra la porta è di epoca successiva.I muri sono realizzati con pietrame e ciottoli disposti in modo irregolare; quelli laterali sono semplici e privi di decorazioni. L’abside presenta cinque coppie di grossi archetti pensili separate da lesene, piccole monofore e un tetto in lastre di pietra, che è probabilmente originale.Gli affreschi dell’interno sono ormai illeggibili e forse rappresentano san Nicola o sant’Agostino.La Torre sorge accanto alla chiesa sul lato sud. Massiccia, alta 21 m, possiede muri spessi 1,20 m ed ha uno spazio al suo interno pari allo spessore. All’esterno della torre sono presenti bifore architravate con capitello e stampella, più in basso monofore. A 4 m dal suolo si apre l’unica porta d’ingresso alla fortificazione. La muratura è formata da pietrame irregolare con presenza di buche pontaie.
Il museo delle attività contadine nasce a Santa Cristina nel 1992 ed è legato all'associazione "Gruppo per la civiltà agricola locale" che si ripropone di custodire e presentare numerosi oggetti raccolti inizialmente dal dottor Dino Cerutti di Borgomanero e da altri appassionati locali.La collezione, ospitata presso l’ex Palazzo Bono, si articola in una galleria e cinque sale dove viene proposta la ricostruzione del tipico ambiente contadino.Nella cucina e nella camera da letto sono presenti oltre all'arredamento anche gli abiti tipici e le suppellettili. Particolarmente suggestiva è la ricostruzione dell'aula scolastica. Si possono inoltre ammirare numerosi attrezzi da lavoro e fotografie d'epoca, oltre a santini e arredi religiosi appartenuti agli Oblati. Le pareti che affiancano la scala sono ricoperte da attrezzi agricoli e antiche fotografie.Recentemente è stata aperta al pubblico anche la cantina. All’interno di questo ambiente verranno descritte le fasi della vinificazione grazie all’ausilio di pannelli illustrativi. Il locale, sede di conferenze ed eventi, presenta una lunga volta con mattoni a vista; di fronte all’ingresso si trova un piccolo pozzo ricostruito e l’ambiente della stalla.
VILLA MARAZZA E PARCO (BORGOMANERO)

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Completamente recintata e in mezzo a un vasto parco, nel centro di Borgomanero vicino alla stazione ferroviaria, sorge la villa, sede della Fondazione Achille Marazza (1894-1967), munifico benefattore, eminente uomo politico di area cattolica, per di più di vent’anni presidente della veneranda Fabbrica del Duomo di Milano.Questi lasciò i beni di famiglia al Comune di Borgomanero, affinché la casa padronale venisse adibita a “biblioteca pubblica e casa di cultura”. La biblioteca, arricchita tra l’altro delle importanti donazioni Molli e Tornielli, conta ora un ingente patrimonio di libri, stampe, documenti, pergamene, incunaboli, che l’hanno trasformata in un vero e proprio richiamo culturale per tutta la cittadinanza e per i forestieri che la visitano.Il fabbricato rappresenta il prototipo della dimora nobiliare di campagna del contado novarese. L’edificio è formato da tre corpi ortogonali fra di loro, che formano una sorta di impianto ad “H”: nel centro è collocata la residenza padronale, con la facciata principale orientata a mezzogiorno: ai lati sono disposti gli edifici di servizio. Il corpo principale alto oltre tre piani, ha un portico a tre campate al pianterreno e un loggiato al secondo piano che ripete la medesima tripartizione del portico.In corrispondenza del secondo piano si aprono invece tre finestre con balconcino in pietra sagomata e parapetti in ferro battuto. Alcune sale interne presentano ancor oggi soffitti lignei decorati, eleganti camini marmorei, alcuni mobili e scaffalature di pregevole fattura. Un vasto parco, oggi diventato pubblico, ricco di querce secolari e castagni, dona ai frequentatori della Fondazione una rilassante e tranquilla atmosfera.
PARROCCHIALE DI SAN BARTOLOMEO (BORGOMANERO)

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Entrando nell’ampia aula della navata l’occhio del visitatore viene subito attratto dall’altare maggiore posto su un rialzo a gradoni: l’altare, datato 1667, è opera dell’intagliatore Antonio Pino, tipico esempio di altare piramidale controriformato che sfoggia la bravura di intaglio del maestro con le bellissime figure di angeli/cariatidi dorate. Opere fondamentali per il nostro percorso sono certamente le due cappelle decorate dal Morazzone: la Cappella di San Rocco e la Cappella di San Carlo.La Cappella di San Rocco completata nel 1617, con la splendida pala d’altare datata intorno al 1612, resta un esempio di proporzione e bellezza: nella pala la figura di san Rocco, immensa e potente, con il bellissimo gesto di supplica e lo sguardo rivolto verso l’angelo che rinserra la spada nel fodero sono uno dei più chiari esempi della cultura pittorica lombarda del primo seicento in terra novarese.La figura del Santo che dal lazzaretto volge la sua supplica per sedare il contagio sarà il simbolo di un’epoca che visse nel continuo terrore del terribile morbo. Bellissimo il delinearsi in controluce della mano di sinistra e lo squarcio paesaggistico dai toni freddi.La prima cappella sulla sinistra è dedicata a San Carlo Borromeo e cerca di ricostruire attraverso piccole scenette ad affresco la vita del Santo di Arona. Opera anche questa del Morazzone che dipinge la tela con la Glorificazione di San Carlo intorno al 1617.Il santo è raffigurato con i paramenti liturgici mentre volge lo sguardo verso l’alto dove due angeli giovinetti lo incoronano del suo motto “Humilitas”.