Per salire dal centro di Valdidentro ai laghi del Cancàno, la strada si inerpica lungo il versante meridionale delle Cime di Plator dapprima fra dolci declivi boscati, per poi affrontare con poco più di una dozzina di serrati tornanti il ripido pendio costituito dagli sfasciumi che bordano alla base le bianche pareti calcaree del massiccio.
Attorno a q. 1990, però, una spaventevole muraglia strapiombante impedisce di procedere oltre, se non attraverso una stretta galleria, scavata nella viva roccia solo nel secolo scorso, quando si decise di costruire le dighe. Essa sbuca, dopo poche centinaia di metri, sul Passo delle Scale, un aereo balcone sospeso sul vuoto, dal cui orlo due possenti torri quadrate, ormai in rovina, sorvegliano la conca di Bormio, quasi 700 metri più sotto.
Le due Torri di Fraèle furono costruite probabilmente alla fine del XIV secolo da Barnabò Visconti, signore di Milano, il cui dominio si estendeva sino a queste terre; esse sorsero su di una precedente fortificazione, già posta a guardia della cosiddetta via d'Alemagna, per impedire ai vicini Grigioni di attaccare il territorio bormino da questa parte.
E' difficile oggi immaginare in che modo una via potesse passare da qui, attraversando la parete verticale che chiude l'accesso al valico: forse delle travi di legno infisse a sorreggere una specie di passerella, o forse delle scale assicurate alla roccia, come il toponimo "Passo delle Scale" sembra suggerire... di fatto, la via d'Alemagna passava proprio da qui, e non dal Passo del Foscagno, come verrebbe più facile pensare.
Questo è infatti il percorso più a bassa quota - 1941 m, contro i 2291 del Foscagno - per raggiungere la Svizzera e da qui la Germania, ma soprattutto esso collegava Bormio con la valle di Fraèle, ovvero con l'alto bacino dell'Adda, un'area ricca, solatìa e adatta all'insediamento.
Superato il passo, infatti, la breve valle del lago delle Scale scende in maniera quasi impercettibile dal valico verso un ampio altopiano, esteso per una decina di chilometri sino al passo di Fraèle, che lo chiude verso settentrione.
Qui, sino agli inizi del secolo scorso, sorgeva un villaggio di allevatori e di minatori, con la propria chiesa parrocchiale e un ospizio per i viaggiatori e i mercanti.
Tutta l'area era una vasta distesa di pascoli bordati da boschi e, verso il Monte di Pra Grata, erano da tempo immemorabile sfruttate miniere di ferro, abbastanza redditizie per un'epoca in cui, dal punto di vista economico, era meglio un giacimento povero ma vicino all'abitato che non uno ricco, ma con elevati costi di trasporto.
Da Fraèle, la strada continuava verso la Val Monastero, cosiddetta dal monastero di clausura femminile ivi presente, costruito nel X secolo e tutt'oggi attivo: esso è stato dichiarato dall'Unesco patrimonio dell'Umanità, per gli spettacolari affreschi del XIII secolo che rivestono l'abside e le pareti della chiesa
Il Passo delle Scale mantenne la sua importanza strategica per tutto il XV secolo, come una vera e propria porta fortificata per l'accesso alla Valtellina.
Quando le popolazioni svizzere riunite nelle Tre Leghe Grigie - Lega Grigia, Lega Caddea e Lega delle Dieci Giurisdizioni - alla fine del '400 si affacciarono dal Passo di Fraèle per tentare di conquistare la Valtellina scendendo dalle Scale, trovarono il baluardo delle Torri a ostacolare il passo; secondo la leggenda, le fanterie della Magnifica Terra della Contea di Bormio lottarono qui strenuamente contro il nemico, in una battaglia così sanguinosa da dare alla parete sottostante il nome di "burrone dei Morti".
Nonostante ciò, nel febbraio del1487 Bormio, già provata dalle due violente epidemie di peste del 1468 e del 1476, dovette capitolare, saccheggiata dai Grigioni, che si spinsero sino a Sondrio, devastando i paesi della valle. Ormai il caposaldo del Passo delle Scale era inutile, mentre la lotta si spostava lungo la Valle dell'Adda: qui gli Sforza, da tempo subentrati ai Visconti, riuscirono a sconfiggere il nemico nella piana di Caiolo, ultima vittoria prima che le Tre Leghe Grigie nel 1512 estendessero il proprio dominio sull’intera valle.
Oggi di questo importante capitolo di storia restano i due ruderi quadrangolari, recuperati da un sapiente restauro alla fine del secolo scorso, con le loro spesse mura irrobustite alla base da possenti conci angolari di pietra, e interrotte solo da poche finestre. Girandovi attorno, colpisce l'assenza di porte di accesso raso terra: gli ingressi infatti erano alti e raggiungibili solo con scale retraibili, un accorgimento questo per rendere imprendibile la fortificazione.
Esse svettano, ben visibili da lontano, a guardia delle terre alte, e fanno memoria di un tempo ormai mitico, in cui questi dirupi costituivano la via principale di comunicazione verso Nord.
Di seguito il pannello illustrativo con i riferimenti del presente punto di interesse che troverete lungo il percorso e allegato in seguito.
Indirizzo: Passo di Fraele, Valdidentro (SO)
Per salire dal centro di Valdidentro ai laghi del Cancàno, la strada si inerpica lungo il versante meridionale delle Cime di Plator dapprima fra dolci declivi boscati, per poi affrontare con poco più di una dozzina di serrati tornanti il ripido pendio costituito dagli sfasciumi che bordano alla base le bianche pareti calcaree del massiccio.
Attorno a q. 1990, però, una spaventevole muraglia strapiombante impedisce di procedere oltre, se non attraverso una stretta galleria, scavata nella viva roccia solo nel secolo scorso, quando si decise di costruire le dighe. Essa sbuca, dopo poche centinaia di metri, sul Passo delle Scale, un aereo balcone sospeso sul vuoto, dal cui orlo due possenti torri quadrate, ormai in rovina, sorvegliano la conca di Bormio, quasi 700 metri più sotto.
Le due Torri di Fraèle furono costruite probabilmente alla fine del XIV secolo da Barnabò Visconti, signore di Milano, il cui dominio si estendeva sino a queste terre; esse sorsero su di una precedente fortificazione, già posta a guardia della cosiddetta via d'Alemagna, per impedire ai vicini Grigioni di attaccare il territorio bormino da questa parte.
E' difficile oggi immaginare in che modo una via potesse passare da qui, attraversando la parete verticale che chiude l'accesso al valico: forse delle travi di legno infisse a sorreggere una specie di passerella, o forse delle scale assicurate alla roccia, come il toponimo "Passo delle Scale" sembra suggerire... di fatto, la via d'Alemagna passava proprio da qui, e non dal Passo del Foscagno, come verrebbe più facile pensare.
Questo è infatti il percorso più a bassa quota - 1941 m, contro i 2291 del Foscagno - per raggiungere la Svizzera e da qui la Germania, ma soprattutto esso collegava Bormio con la valle di Fraèle, ovvero con l'alto bacino dell'Adda, un'area ricca, solatìa e adatta all'insediamento.
Superato il passo, infatti, la breve valle del lago delle Scale scende in maniera quasi impercettibile dal valico verso un ampio altopiano, esteso per una decina di chilometri sino al passo di Fraèle, che lo chiude verso settentrione.
Qui, sino agli inizi del secolo scorso, sorgeva un villaggio di allevatori e di minatori, con la propria chiesa parrocchiale e un ospizio per i viaggiatori e i mercanti.
Tutta l'area era una vasta distesa di pascoli bordati da boschi e, verso il Monte di Pra Grata, erano da tempo immemorabile sfruttate miniere di ferro, abbastanza redditizie per un'epoca in cui, dal punto di vista economico, era meglio un giacimento povero ma vicino all'abitato che non uno ricco, ma con elevati costi di trasporto.
Da Fraèle, la strada continuava verso la Val Monastero, cosiddetta dal monastero di clausura femminile ivi presente, costruito nel X secolo e tutt'oggi attivo: esso è stato dichiarato dall'Unesco patrimonio dell'Umanità, per gli spettacolari affreschi del XIII secolo che rivestono l'abside e le pareti della chiesa
Il Passo delle Scale mantenne la sua importanza strategica per tutto il XV secolo, come una vera e propria porta fortificata per l'accesso alla Valtellina.
Quando le popolazioni svizzere riunite nelle Tre Leghe Grigie - Lega Grigia, Lega Caddea e Lega delle Dieci Giurisdizioni - alla fine del '400 si affacciarono dal Passo di Fraèle per tentare di conquistare la Valtellina scendendo dalle Scale, trovarono il baluardo delle Torri a ostacolare il passo; secondo la leggenda, le fanterie della Magnifica Terra della Contea di Bormio lottarono qui strenuamente contro il nemico, in una battaglia così sanguinosa da dare alla parete sottostante il nome di "burrone dei Morti".
Nonostante ciò, nel febbraio del1487 Bormio, già provata dalle due violente epidemie di peste del 1468 e del 1476, dovette capitolare, saccheggiata dai Grigioni, che si spinsero sino a Sondrio, devastando i paesi della valle. Ormai il caposaldo del Passo delle Scale era inutile, mentre la lotta si spostava lungo la Valle dell'Adda: qui gli Sforza, da tempo subentrati ai Visconti, riuscirono a sconfiggere il nemico nella piana di Caiolo, ultima vittoria prima che le Tre Leghe Grigie nel 1512 estendessero il proprio dominio sull’intera valle.
Oggi di questo importante capitolo di storia restano i due ruderi quadrangolari, recuperati da un sapiente restauro alla fine del secolo scorso, con le loro spesse mura irrobustite alla base da possenti conci angolari di pietra, e interrotte solo da poche finestre. Girandovi attorno, colpisce l'assenza di porte di accesso raso terra: gli ingressi infatti erano alti e raggiungibili solo con scale retraibili, un accorgimento questo per rendere imprendibile la fortificazione.
Esse svettano, ben visibili da lontano, a guardia delle terre alte, e fanno memoria di un tempo ormai mitico, in cui questi dirupi costituivano la via principale di comunicazione verso Nord.
Di seguito il pannello illustrativo con i riferimenti del presente punto di interesse che troverete lungo il percorso e allegato in seguito.
Indirizzo: Passo di Fraele, Valdidentro (SO)