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SORGENTI CARSICHE DELLE BOCCHE D’ADDA

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Uscendo dall'ampia valle sospesa di Fraèle, l'Adda incide una stretta forra attraverso il piastrone di dolomie, calcari marnosi e marne sottilmente stratificati del Triassico superiore, che in quest’area costituiscono la formazione della Dolomia Principale dell'Austroalpino.

Qui, in prossimità della confluenza del torrente Braulio, spicca alla base del versante del Monte delle Scale una vistosa cascata d'acqua; essa sgorga attraverso cinque aperture lungo un manufatto di cemento, come incrostato lungo la parete, in corrispondenza di un banco di marne argillose nere. E' questa la venuta a giorno delle acque dell'importante sorgente carsica delle Bocche d'Adda, dopo che una parte di esse è stata captata dall'acquedotto che rifornisce Bormio; la sorgente è infatti permanentemente attiva, con una portata variabile da 100 litri al secondo, nei periodi di magra, sino a parecchie centinaia in quelli di piena.

Proprio la forte corrente defluente e la presenza delle opere di captazione ha reso difficoltosa l'esplorazione della cavità da cui l'acqua sgorga; speleologi subacquei - una specializzazione particolarmente difficile e rischiosa - l'hanno risalta solo per un centinaio di metri, individuando un ramo fossile - quindi asciutto - che risale per almeno altrettanto verso l'alto.

Appena sessanta metri più sopra, lungo la parete, gli speleologi del Gruppo Speleoalpinistico Bormino e del Gruppo Speleologico CAI Varese hanno scoperto ed esplorato l'omonima grotta, Bocca d'Adda, che si sviluppa verso occidente per circa un chilometro entro il massiccio del Monte delle Scale.

Si tratta di una cavità fossile, con una galleria di origine freatica - cioè ampliata per dissoluzione dall'acqua che la riempiva totalmente - ad andamento complessivamente suborizzontale, costituita da una serie di salite e discese intervallate a quattro sifoni, entro un dislivello massimo di 75 m; l'esplorazione si è fermata su di un quinto sifone, di difficile superamento, oltre il quale però gli speleologi ipotizzano uno sviluppo che potrebbe arrivare a qualche chilometro.

Oltre il quarto sifone, la galleria principale scende "meravigliosamente concrezionata" - con le parole di uno degli esploratori - con stalattiti, stalagmiti, eccentriche e incrostazioni multiformi, candide o varicolori, che spiccano sulle pareti di calcari neri.

La grotta di Bocca d'Adda - iscritta nel catasto grotte lombardo col numero LoSo 3012 - rappresenta il tratto terminale di un sistema carsico tutt'ora ignoto, esteso probabilmente a tutta la dorsale Monte Pettini - Motto delle Scale: la sorgente più in basso, direttamente collegata alla grotta soprastante anche se la connessione non è stata ancora individuata, testimonia infatti l'esistenza, a un livello più profondo entro la montagna, di un sistema acquifero attivo di una certa importanza, elemento quest'ultimo tipico dei massicci carbonatici.

Nella parte alta di questo tipo di montagne, infatti, le acque meteoriche si infiltrano nelle numerose fratture della roccia, dissolvendone il carbonato e allargandole, e scendono verso il basso, sino a quando incontrano livelli di rocce impermeabili; a questo punto, scorrono lateralmente, sino a fuoriuscire, dando luogo a caratteristiche sorgenti alla base della scarpata.

Nel caso di Bocca d'Adda, la circolazione sembra bloccarsi proprio contro il banco di marne argillose visibile lungo il versante, un litotipo povero di carbonati e quindi inattaccabile dal carsismo.

La venuta a giorno delle acque in questo punto è legata a una rapida incisione da parte dell'Adda del canyon che ha troncato e disattivato l'intero sistema carsico, rendendolo fossile.

Tale fenomeno è probabilmente da collegarsi all'approfondimento di tutti i fiumi del versante meridionale delle Alpi, in concomitanza con il prosciugamento del Mediterraneo nel Messiniano, cioè circa 7 milioni di anni fa. La grotta e le sue diramazioni sotto il Monte delle Scale sono quindi più antiche di tale data, e si devono essere sviluppate nel corso del Terziario, dopo l'emersione della catena alpina.

Il carsismo è abbastanza raro in questa parte della catena, poiché rare sono le rocce carbonatiche adatte al suo sviluppo; la copertura di rocce sedimentarie mesozoiche si è conservata infatti solo in questa porzione delle falde dell'Austroalpino, e questo ha permesso lo sviluppo di vistose forme carsiche anche in superficie: particolarmente interessanti sotto questo aspetto sono, a poca distanza da qui, i Piani di Pedenoletto, nell'alta valle del Braulio e, verso il Passo dello Stelvio, il Piano delle Platigliole, costellati da depressioni, doline di varie dimensioni e campi solcati.

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