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GHIACCIAI DI CIMA DE' PIAZZI

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La Cima de' Piazzi, con la sua elegante vetta glacializzata che raggiunge i 3440 m di quota, rappresenta la culminazione dell'omonimo massiccio, che separa la valle principale dell'Adda dalle valli Verva e Grosìna; la sua immagine è nota a milioni di italiani anche senza che ne conoscano il nome, dato che da decenni essa spicca sulle etichette di una nota marca di acqua minerale, le cui fonti sgorgano proprio dalle sue pendici orientali, e che è fra i sostenitori delle attività di ricerca glaciologica nel massiccio.

Di particolare spicco, anche da lontano, sono gli apparati glaciali ospitati nei circhi del versante settentrionale: il Ghiacciaio di Cardonné, a occidente appena sotto la cima, e il contiguo corpo glaciale di Val Lia, con una superficie complessiva che nel 2015 risultava di poco inferiore al chilometro quadro; il Cardonné in particolare è il secondo apparato per dimensioni entro il cosiddetto gruppo del Dosdè-Piazzi, cioè l'insieme dei ghiacciai presenti lungo il versante idrografico destro del bacino del torrente Viola.

A fianco, verso oriente, sono presenti inoltre due glacionevati, cioè corpi che un tempo erano ghiacciai veri e propri, ma ormai di dimensioni ridotte - non più di 0,03 km2 nel 2015 - e di incerta attività; quello più prossimo alla Cima è derivato da una porzione del Ghiacciaio di Val Lia, staccatasi dal corpo principale dopo il 2003, mentre quello più a oriente è ciò che resta del ghiacciaio Rinalpi.

Appare quindi evidente come anche i ghiacciai della Cima de' Piazzi, come tutti i ghiacciai alpini italiani di piccole dimensioni, abbiano risposto ai cambiamenti climatici in atto riducendo drasticamente le proprie dimensioni: negli ultimi sessant'anni, infatti, hanno perso quasi il 50% della superficie. La velocità del fenomeno inoltre è aumentata decennio dopo decennio, triplicandosi negli ultimi vent'anni rispetto ai due decenni precedenti.

Questa accelerazione è una conseguenza anche del progressivo modificarsi della superficie dei ghiacciai stessi: per effetto dell'ablazione intensa, la loro copertura detritica fine, infatti, si è concentrata nel tempo, rendendoli via via più scuri - annerimento questo definito anche darkening - e quindi meno capaci di riflettere la radiazione solare; quest'ultima viene così assorbita in maggiore quantità, accrescendo la fusione del ghiaccio.

È molto probabile che entro la fine di questo secolo i ghiacciai del gruppo Dosdé-Piazzi si saranno ridotti a meno del 20% della superficie attualmente occupata, o addirittura si estingueranno, lasciando solo i loro cordoni morenici, esili tracce nel paesaggio d'alta quota della loro passata estensione.

Dal 2009 la Cima de' Piazzi è anche diventata un laboratorio a cielo aperto per lo studio del permafrost alpino, sotto il coordinamento dell'Università degli Studi di Milano: a partire da questa data, infatti, le temperature della roccia della vetta sono costantemente monitorate, a partire dalla superficie sino a circa un metro di profondità, per rilevarne le variazioni cicliche al di sopra e al di sotto degli 0°C. Si può in tal modo sia  individuare la profondità attuale del permafrost in questo settore delle Alpi, sia, elaborando i dati, valutare gli stress termici a cui la roccia stessa è sottoposta, dato quest'ultimo interessante per lo studio della stabilità dei versanti.

Tutta l'area glacializzata - assieme alla fascia che dal limite del ghiaccio si estende verso il basso sino ai 2350 m di quota - fa parte del Sito di Importanza Comunitaria di Val Viola - Cima De' Piazzi; essa è infatti considerata di particolare pregio naturalistico per la varietà degli habitat presenti e per il loro grado di conservazione.

Su questi aspetti, si veda in particolare la scheda di approfondimento sulle "aree di interesse naturalistico della Cima de' Piazzi".

 

PER APPROFONDIMENTI Si suggerisce l'itinerario a piedi per visitare il SIC e arrivare ai ghiacciai: https://www.orobie.it/itinerario/2018/07/ai-piedi-di-cima-piazzi/30195/

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