Fai login per aggiungere ai preferiti

SORGENTI TERMALI DI BORMIO

Fai login per aggiungere ai preferiti

La conca di Bormio è nota non solo per la bellezza delle montagne che la circondano, ma anche per le acque termali, che sgorgano naturalmente al piede dei versanti della Cima di Reit, entro il territorio del Comune di Valdidentro, ma che sono note sin dall'antichità come "acque di Bormio", con riferimento al centro urbano più importante della conca in quel periodo.

Le acque "di Bormio", infatti, hanno attirato l'attenzione sin dall'antichità per la loro temperatura, che le rendeva già pronte per l'uso antico dei bagni, e successivamente per le loro proprietà curative; forse persino il toponimo Bormio si ricollega a un termine celtico per indicare il calore, così come Bormo era una divinità celtica delle acque ribollenti.

La tradizione secondo cui già Plinio il Vecchio le abbia citate nella sua Naturalis Historia non trova in effetti alcun fondamento nel testo: il naturalista romano esalta infatti la mirabilità della Natura, dovuta a fontium plurimorum fervore, etiam in iugis Alpium, cioè "per il calore di molteplici fonti anche fra i gioghi delle Alpi", nominando numerosi esempi ma senza alcun riferimento a Bormio; va vista quindi come una sorta di trovata pubblicitaria ottocentesca, per riallacciare i Bagni di Bormio alla tradizione termale classica.

Tuttavia, sappiamo per certo che le loro virtù curative erano note e apprezzate alla corte ostrogota nel VI secolo d.C.: nel 535 il re Teodato, infatti, fa scrivere dal letterato Cassiodoro, suo ministro, una lettera al fedele conte Vinusiado, in cui lo autorizza a aquas bormias potius siccativas salutares [...] petere, cioè a recarsi alle Acque di Bormio, essiccanti e salutari per la sua gotta.

La più famosa citazione di Bormio e dei suoi Bagni è però quella di Leonardo da Vinci, che vi passa durante una ricognizione del territorio per Lodovico il Moro, allora Duca di Milano; la troviamo fra i suoi appunti raccolti nel Codice Atlantico: In testa alla Valtolina è la montagna di Bormi. Terribili piene sempre di neve; qui nasce ermellini. A Bormi sono i bagni. Da notare che tre cose colpiscono il Genio, peraltro abituato a viaggiare attraverso le Alpi: le difficoltà date dall'innevamento, gli ermellini la cui pelliccia era pregiatissima e ricercata, e i bagni termali.

Lo stesso Lodovico arriva qui nel 1493 col corteo nuziale della nipote Bianca Maria, che va sposa all'Imperatore Massimiliano I d'Asburgo, e vi si ferma per una notte, visitando i Bagni.

Attualmente sono note nove sorgenti, di cui solo sei sono captate per gli stabilimenti termali: la più bassa, detta Cinglaccia, sgorga liberamente in vasche naturali lungo l'alveo dell'Adda, attorno a 1305 m di quota; irraggiungibili in parete sono invece le sorgenti dei Nibelunghi e degli Ostrogoti.

Ai Bagni Vecchi fanno capo le sorgenti di San Carlo, con acqua debolmente gassosa, e di San Martino, la più alta, a q. 1421 m; quest'ultima sgorga in fondo a una galleria di 40 m in roccia, adibita oggi a grotta sudatoria. La sorgente dell'Arciduchessa invece, dopo aver depositato in vasche apposite i fanghi organici che la caratterizzano, viene convogliata ai Bagni Nuovi assieme alle acque delle vicine sorgenti di Cassiodoro e Zampillo dei Bambini, tutte fra i 1380 e i 1406 m di quota.

La sorgente Pliniana, infine, captata in una grotta artificiale, è batteriologicamente purissima e presenta la maggior radioattività fra tutte.

Le sorgenti termali di Bormio sono classificate come solfato-bicarbonato-alcalino-terrose, e sgorgano a temperature comprese tra i 36° e i 41° C, tranne la San Carlo che raggiunge solo i 19° C.

Le loro acque risalgono per chilometri lungo la superficie tettonica originata dall'accavallamento delle dolomie della Reit sul basamento cristallino; la falda acquifera che le alimenta si accumula a profondità tali che le rocce che la contengono sono naturalmente calde: scendendo sottoterra infatti la temperatura aumenta gradualmente in media di 3° C ogni 100 m, e questo spiega la loro temperatura.

Risalendo alla superficie attraversano anche rocce costituite da solfato di calcio, cioè gesso: è qui che disciolgono i sali che le rendono curative.

MAPPA