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CASA-MUSEO DI WILEHLM SCHMID A BRÈ (LUGANO)

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Il borgo di Brè [https://ebike-alpexperience.eu/it/b/382/br], con il suo nucleo tranquillo e raccolto, immerso in un paesaggio naturale di rara bellezza, è stato nel secolo scorso rifugio e luogo di ispirazione del pittore argoviese Wilhelm Schmid (1892-1971), esponente a torto poco noto di quel fermento artistico d'avanguardia che caratterizzò la Germania fra le due Guerre.

Originario del cantone svizzero dell'Aargau - in romancio Argovia - dopo la formazione come disegnatore edile e architetto a Brugg e Zurigo, egli continua la professione a Berlino, ove si avvicina alla pittura, sino a allestire, nel 1917, la sua prima mostra d'arte a Monaco di Baviera.

Vi si dedicherà a tempo pieno dall'immediato dopoguerra, confrontandosi con il vivace ambiente intellettuale della Berlino dell'epoca ed entrando nel cosiddetto "Gruppo di Novembre".  Dopo una non breve parentesi a Parigi, altro grande polo aggregatore di intellettuali e artisti di avanguardia, dal 1930 torna a Berlino, ove aderisce definitivamente al movimento della Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit), delineatosi nell'ambito della galassia del post-espressionismo tedesco.

Il periodo è quello cupo che segue la sconfitta della Prima Guerra Mondiale, e che costringe gli intellettuali tedeschi a interrogarsi sulla realtà storica e sociale del momento, sugli esiti di una guerra che si è mostrata fallimentare e sui prodromi di una crisi epocale che culminerà nel '29, aprendo la strada in Germania all'avvento del Terzo Reich.

Schmid vive quest'atmosfera aderendo a quelle avanguardie che propongono, come reazione all'espressionismo - visione fortemente soggettiva del reale - una raffigurazione strettamente oggettiva, quasi fotografica, del comune quotidiano, osservato in maniera cinica e disillusa e descritto lucidamente nei suoi dettagli più ordinari. E' il linguaggio artistico del realismo, da cui la Nuova Oggettività si distingue forse per un approccio più emotivo, volto ad accentuare espressivamente i dettagli di un'arte che si propone programmaticamente come specchio - e arma - contro una società percepita come malata e corrotta.

In questo ambito della Nuova Oggettività, Schmid si identifica nell'ala più moderata, il cosiddetto Realismo Magico - teso a cogliere il magico incanto racchiuso anche negli oggetti più comuni - in opposizione alla corrente verista, impegnata politicamente nella denuncia sociale attraverso la raffigurazione inclemente degli aspetti più sordidi della realtà urbana del dopoguerra.

Nonostante questa scelta non estremistica, il pittore viene coinvolto nella persecuzione ideologica degli intellettuali da parte del regime, che lo considera "bolscevico culturale" e "arista degenerato". Da qui, la sua fuga e il rifugio sui monti del Luganese, abbandonando le opere precedenti in Germania, ove finiranno in gran parte distrutte durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

La ricerca artistica di Schmid si volge all'osservazione minuta di una quotidianità popolare, ritratta con toni meno aggressivi, in qualche modo più romantici rispetto ad altri esponenti della corrente, anche se la sua poetica non è esente da accenni critici verso la società, come ad esempio nella grande tela de La cena, realizzata per l'Esposizione Nazionale delle Belle Arti del 1946, una rappresentazione profana dell'Ultima Cena che si guadagnò la censura del Consiglio Federale. Questi spunti si stemperano via via negli anni dell'esilio, lasciando ampio spazio allo studio della figura umana e alla rappresentazione del paesaggio del borgo arroccato sulle pendici del monte.

In un'intervista televisiva del 1963 - tutt'ora reperibile in rete - Schmid si definisce proprio come pittore del reale, in contrapposizione all'arte astratta, apprezzabile peraltro per i suoi valori tecnici; conformemente alla propria formazione, al centro del proprio interesse pone il disegno, ossatura senza della quale non può esserci il quadro, riservando al colore il ruolo di un'aggiunta in più; esso diviene centrale nelle opere di grande respiro, alle quali l'artista attribuisce valore non solo per la composizione in sé ma per la storia che esse contengono.

I suoi dipinti riflettono queste posizioni, con una costruzione di forme apparentemente semplificate, ma articolata, spesso architettonica nei paesaggi, resa più evidente da campiture di colore volutamente appiattito, con accenti luministici talora violenti, che evocano le luci riflesse e le ombre stagliate e nitide caratteristiche del Lago.

Il rifugio di Schmid a Brè - assieme a tutte le opere pittoriche, compresa la famosa "Cena" del '46 - è stato donato dalla vedova, Maria Metz, alla Collezione d'Arte della Confederazione (CAC) - una delle più grandi  collezioni d'arte elvetiche, accorpata all'Ufficio Federale della Cultura - e, dopo il restauro conservativo del 1982, è divenuto casa-museo aperta al pubblico, mantenendo intatta l'atmosfera che circondava l'artista, e proponendosi come piccola ma significativa realtà culturale nell'articolato panorama del Luganese.

Essa, anche da sola, merita di inerpicarsi sino quasi alla cima del Monte Brè, per scoprire l'opera di un esponente di rilievo dell'arte contemporanea, cogliendo lo spirito dell'artista nella cornice dei luoghi in cui visse e da cui trasse ispirazione.

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