Immediatamente a oriente del Verbano, il fronte prealpino si affaccia sulla pianura articolandosi nei gruppi montuosi del Campo dei Fiori e dei cosiddetti Monti della Val Cuvia, oltre che nell'isolata propaggine del Monte Sangiano; tutti e tre questi comprensori presentano vaste aree che hanno mantenuto un'elevata naturalità e che sono per questo tutelate per le loro peculiarità geologiche, floristiche e faunistiche.
Una geografia strana
I Monti della Valcuvia, in particolare, si presentano come una dorsale allungata dal Verbano verso oriente, suddivisa dal torrente Marianna nel gruppo occidentale del Sasso del Ferro - Monte Nudo, e in quello orientale del monti Colonna e San Martino.
A meridione e a oriente, due depressioni di antica origine abbracciano a semicerchio il massiccio, culminando attorno ai 290 m di quota nella sella di Cuvio: la valle del torrente Boesio, che si getta nel Verbano presso Laveno, e quella del torrente Margorabbia, che scende verso nord sino a Luino. Curiosamente, il termine di Valcuvia viene tradizionalmente riferito non solo alla valle del Boesio, ma anche alla mal distinguibile - dati gli esigui dislivelli - testata della valle del Margorabbia, che oltre Cassano Valcuvia prende invece il nome di Valtravaglia.
La geologia
Nel complesso, i Monti della Val Cuvia sono un massiccio costituito da rocce calcareo-dolomitiche del Triassico e del Giurassico, deposte su uno zoccolo di rocce metamorfiche e vulcaniche, e inframmezzate da un orizzonte di marne e argilliti impermeabili. Una coltre discontinua di depositi glaciali copre le zone meno acclivi, sino ai crinali punteggiati da numerosi massi erratici: durante le maggiori glaciazioni, infatti, tutta l'area era interamente coperta dal ghiacciaio ticinese.
Questa costituzione geologica condiziona sia l'idrologia dell'intero comprensorio, che le comunità vegetali che si sviluppano lungo le sue pendici.
Le grotte
La natura carbonatica delle rocce della zona è alla base sia dell'aridità dei versanti che della relativa ricchezza di acque dei valloni più incassati.
Alle quote maggiori, infatti, sono frequenti le aree con rocce denudate, spesso scolpite dalla dissoluzione carsica che agisce lungo le fratture: attraverso esse, l'acqua viene rapidamente assorbita nel sottosuolo, per riapparire in sorgenti alle quote inferiori.
E' questo il caso, ad esempio, della Grotta di San Martino, sita sotto la cima omonima e sviluppata in profondità per quasi 200 m: essa agisce da inghiottitoio temporaneo, originando un corso d'acqua sotterraneo già a poca distanza dall'ingresso. Usando appositi traccianti, le sue acque sono state "seguite" sino alla fuoriuscita in corrispondenza della sorgente carsica perenne del Turegiun, sotto Duno, a cui giungono confluendo dapprima in un cunicolo principale - ostruito da una frana e quindi non esplorabile oltre - e quindi in un sifone terminale, risalito dagli speleosub a partire dalla sorgente.
Nell'area sono note in totale una ventina di grotte, tutte sviluppate nel Calcare di Moltrasio del Giurassico inferiore (muretti a secco Monte Bisbino), di cui quella del San Martino è attualmente la più estesa - quasi 700 metri di sviluppo orizzontale - e la meglio nota.
Esse ospitano una ricca fauna a chirotteri, con almeno una decina di specie diverse individuate, e vengono quindi tutelate come specifico habitat, riconosciuto dalla Comunità Europea (habitat 83.10).
Gli habitat protetti
I versanti del gruppo montuoso appaiono tutt'oggi percorsi solo da strade forestali e sentieri, mantenendo per larghi tratti inalterato l'ambiente naturale tipico degli assolati massicci calcarei al fronte della pianura; per tale motivo sono state delimitate e sottoposte a tutela tre aree - Sasso del Ferro e Val Buseggia, versante orientale del Monte Nudo e versante orientale del Monte San Martino - riunite nel Sito di Importanza Comunitaria (SIC) dei Monti della Valcuvia.
Di particolare rilevanza sono qui tre habitat tipici dei versanti in rocce calcaree, con suoli discontinui e poco profondi e marcata aridità superficiale.
Lungo i pendii rupestri della Val Buseggia sopravvivono ancora all'avanzata del bosco chiazze di praterie a Graminacee e Ciperacee (habitat 62.10, di interesse prioritario) residuo delle antiche attività di pascolo, ormai abbandonate: i cosiddetti "prati magri" sono in realtà ricchissimi di specie erbacee spesso rare, quali l'orchidea Orphys apifera, e offrono le proprie fioriture a numerose specie di farfalle, cavallette e coleotteri.
Essi si interdigitano con l'habitat delle "pareti rocciose calcaree a vegetazione casmofitica" (82.10), caratterizzato da specie pioniere che allignano nelle fessure della roccia, quali la Primula hirsuta, di cui è stata individuata nel 2005 la sottospecie valcuvianensis, endemica della zona.
Al margine, lo strato arboreo può essere caratterizzato da un non frequente tipo di quercia, Quercus pubescens, sotto la cui rada copertura prosperano arbusti e erbacee particolari (habitat di interesse prioritario 91H0): le chiazze più significative sono localizzate sulle pendici meridionali del Sasso del Ferro.
Non ultime come interesse naturalistico sono le cosiddette "foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion" (habitat 91.80), plaghe boscate a tiglio, acero e frassino localizzate sui pendii più ombreggiati e nelle vallecole incassate, soprattutto sui versanti del Monte Nudo.
Accessi e attività
Il Monte Nudo e il Sasso del Ferro si affacciano direttamente sulla pianura, costituendo non solo un punto panoramico eccezionale, da cui la vista spazia dal Verbano al Lago di Monate sino al Lago di Varese, ma anche un punto privilegiato per librarsi nell'aria con il parapendio o il deltaplano.
Da Laveno, la rinnovata bidonvia del Sasso del Ferro permette di raggiungere agevolmente questa cima: come altri impianti a fune della fascia prealpina, essa nacque durante gli inverni nevosi degli anni del boom economico, nella speranza di uno sviluppo turistico invernale reso poi improbabile dall'avvento di un periodo decisamente più caldo.
Nonostante ciò, la cima del Sasso del Ferro, così come quella del Monte Nudo e del Monte San Martino continuano a essere durante tutte le stagioni meta di escursionisti, attratti dalla bellezza dei luoghi, dalle loro particolarità naturalistiche e dalle possibilità escursionistiche e sportive che essi offrono.
Di seguito il pannello illustrativo con i riferimenti del presente punto di interesse che troverete lungo il percorso e allegato in seguito.
Immediatamente a oriente del Verbano, il fronte prealpino si affaccia sulla pianura articolandosi nei gruppi montuosi del Campo dei Fiori e dei cosiddetti Monti della Val Cuvia, oltre che nell'isolata propaggine del Monte Sangiano; tutti e tre questi comprensori presentano vaste aree che hanno mantenuto un'elevata naturalità e che sono per questo tutelate per le loro peculiarità geologiche, floristiche e faunistiche.
Una geografia strana
I Monti della Valcuvia, in particolare, si presentano come una dorsale allungata dal Verbano verso oriente, suddivisa dal torrente Marianna nel gruppo occidentale del Sasso del Ferro - Monte Nudo, e in quello orientale del monti Colonna e San Martino.
A meridione e a oriente, due depressioni di antica origine abbracciano a semicerchio il massiccio, culminando attorno ai 290 m di quota nella sella di Cuvio: la valle del torrente Boesio, che si getta nel Verbano presso Laveno, e quella del torrente Margorabbia, che scende verso nord sino a Luino. Curiosamente, il termine di Valcuvia viene tradizionalmente riferito non solo alla valle del Boesio, ma anche alla mal distinguibile - dati gli esigui dislivelli - testata della valle del Margorabbia, che oltre Cassano Valcuvia prende invece il nome di Valtravaglia.
La geologia
Nel complesso, i Monti della Val Cuvia sono un massiccio costituito da rocce calcareo-dolomitiche del Triassico e del Giurassico, deposte su uno zoccolo di rocce metamorfiche e vulcaniche, e inframmezzate da un orizzonte di marne e argilliti impermeabili. Una coltre discontinua di depositi glaciali copre le zone meno acclivi, sino ai crinali punteggiati da numerosi massi erratici: durante le maggiori glaciazioni, infatti, tutta l'area era interamente coperta dal ghiacciaio ticinese.
Questa costituzione geologica condiziona sia l'idrologia dell'intero comprensorio, che le comunità vegetali che si sviluppano lungo le sue pendici.
Le grotte
La natura carbonatica delle rocce della zona è alla base sia dell'aridità dei versanti che della relativa ricchezza di acque dei valloni più incassati.
Alle quote maggiori, infatti, sono frequenti le aree con rocce denudate, spesso scolpite dalla dissoluzione carsica che agisce lungo le fratture: attraverso esse, l'acqua viene rapidamente assorbita nel sottosuolo, per riapparire in sorgenti alle quote inferiori.
E' questo il caso, ad esempio, della Grotta di San Martino, sita sotto la cima omonima e sviluppata in profondità per quasi 200 m: essa agisce da inghiottitoio temporaneo, originando un corso d'acqua sotterraneo già a poca distanza dall'ingresso. Usando appositi traccianti, le sue acque sono state "seguite" sino alla fuoriuscita in corrispondenza della sorgente carsica perenne del Turegiun, sotto Duno, a cui giungono confluendo dapprima in un cunicolo principale - ostruito da una frana e quindi non esplorabile oltre - e quindi in un sifone terminale, risalito dagli speleosub a partire dalla sorgente.
Nell'area sono note in totale una ventina di grotte, tutte sviluppate nel Calcare di Moltrasio del Giurassico inferiore (muretti a secco Monte Bisbino), di cui quella del San Martino è attualmente la più estesa - quasi 700 metri di sviluppo orizzontale - e la meglio nota.
Esse ospitano una ricca fauna a chirotteri, con almeno una decina di specie diverse individuate, e vengono quindi tutelate come specifico habitat, riconosciuto dalla Comunità Europea (habitat 83.10).
Gli habitat protetti
I versanti del gruppo montuoso appaiono tutt'oggi percorsi solo da strade forestali e sentieri, mantenendo per larghi tratti inalterato l'ambiente naturale tipico degli assolati massicci calcarei al fronte della pianura; per tale motivo sono state delimitate e sottoposte a tutela tre aree - Sasso del Ferro e Val Buseggia, versante orientale del Monte Nudo e versante orientale del Monte San Martino - riunite nel Sito di Importanza Comunitaria (SIC) dei Monti della Valcuvia.
Di particolare rilevanza sono qui tre habitat tipici dei versanti in rocce calcaree, con suoli discontinui e poco profondi e marcata aridità superficiale.
Lungo i pendii rupestri della Val Buseggia sopravvivono ancora all'avanzata del bosco chiazze di praterie a Graminacee e Ciperacee (habitat 62.10, di interesse prioritario) residuo delle antiche attività di pascolo, ormai abbandonate: i cosiddetti "prati magri" sono in realtà ricchissimi di specie erbacee spesso rare, quali l'orchidea Orphys apifera, e offrono le proprie fioriture a numerose specie di farfalle, cavallette e coleotteri.
Essi si interdigitano con l'habitat delle "pareti rocciose calcaree a vegetazione casmofitica" (82.10), caratterizzato da specie pioniere che allignano nelle fessure della roccia, quali la Primula hirsuta, di cui è stata individuata nel 2005 la sottospecie valcuvianensis, endemica della zona.
Al margine, lo strato arboreo può essere caratterizzato da un non frequente tipo di quercia, Quercus pubescens, sotto la cui rada copertura prosperano arbusti e erbacee particolari (habitat di interesse prioritario 91H0): le chiazze più significative sono localizzate sulle pendici meridionali del Sasso del Ferro.
Non ultime come interesse naturalistico sono le cosiddette "foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion" (habitat 91.80), plaghe boscate a tiglio, acero e frassino localizzate sui pendii più ombreggiati e nelle vallecole incassate, soprattutto sui versanti del Monte Nudo.
Accessi e attività
Il Monte Nudo e il Sasso del Ferro si affacciano direttamente sulla pianura, costituendo non solo un punto panoramico eccezionale, da cui la vista spazia dal Verbano al Lago di Monate sino al Lago di Varese, ma anche un punto privilegiato per librarsi nell'aria con il parapendio o il deltaplano.
Da Laveno, la rinnovata bidonvia del Sasso del Ferro permette di raggiungere agevolmente questa cima: come altri impianti a fune della fascia prealpina, essa nacque durante gli inverni nevosi degli anni del boom economico, nella speranza di uno sviluppo turistico invernale reso poi improbabile dall'avvento di un periodo decisamente più caldo.
Nonostante ciò, la cima del Sasso del Ferro, così come quella del Monte Nudo e del Monte San Martino continuano a essere durante tutte le stagioni meta di escursionisti, attratti dalla bellezza dei luoghi, dalle loro particolarità naturalistiche e dalle possibilità escursionistiche e sportive che essi offrono.
Di seguito il pannello illustrativo con i riferimenti del presente punto di interesse che troverete lungo il percorso e allegato in seguito.