Sulla collina fra Cavagnano e San Salvatore, frazioni del Comune di Cuasso, svettano fra nude rocce e radi arbusti gli imponenti ruderi di quello che un tempo doveva essere un caposaldo del controllo del territorio, arroccato sopra una stretta gola e affacciato sul ripido pendio che domina il Lago Ceresio e la via da Como verso il Gottardo.
Il cosiddetto Castelasc - castellaccio, nella parlata locale - è infatti quanto resta di una poderosa fortificazione medievale a quattro piani, cinta da mura con merli guelfi, sviluppatasi nel corso del tempo su un originario impianto di età romana se non più antica.
La rocca nord-orientale, infatti, posta sulla culminazione del colle, venne edificata - forse già in età augustea - come torre di segnalazione inserita entro il sistema a protezione della viabilità lungo la via lacustre verso settentrione.
Successivamente, la struttura della rocca venne ripresa e ampliata dai Longobardi, venendosi a trovare al confine settentrionale del Contado del Seprio; i ruderi rimasti suggeriscono una pianta piuttosto insolita, che richiama analoghe strutture dell'Inghilterra sassone, tanto da averne fatto ipotizzare la progettazione da parte di maestranze sassoni, una delle etnie che componevano l'eterogeneo popolo dei "Langobardi".
La conquista carolingia confermò in gran parte la ripartizione territoriale preesistente, e la rocca di Cuasso mantenne quindi la propria importanza ai confini del Seprio, venendo ampliata via via lungo il pendio sudoccidentale del colle, verso la forra.
Si sviluppò quindi una cinta muraria, solo in parte conservata, attorno a uno spazio trapezoidale allungato verso il nuovo mastio, una possente torre quadrangolare priva di accesso dall'esterno, ma dotata di finestre di guardia, in posizione avanzata sulla gola e sulla strada di collegamento.
Davanti al mastio, le absidi delle due chiese di Sant'Ambrogio e di San Dionigi chiudevano la stretta corte interna; poco si sa della prima, di cui sono rimaste solo poche tracce delle fondamenta; la facciata della seconda si apriva invece lungo il muro principale, mantenendo un'apertura laterale verso l'interno del castello. Questo fa supporre che essa servisse un villaggio esterno di cui non è rimasta traccia, ovvero un grumo di case di legno addossate per motivi di difesa alle mura stesse.
Nel XIII secolo l'intera struttura risulta in possesso della nobile famiglia dei da Besozzo, che qui fronteggiava i possedimenti dei confinanti Torriani; probabilmente a loro risale la merlatura guelfa, che sottolinea un coinvolgimento e forse un ruolo cruciale del castello nell'ambito delle lotte fra Impero e Papato.
Assorbito in età viscontea l'intero territorio entro il Ducato di Milano, il colle di Cuasso e la relativa fortificazione persero il proprio significato strategico, e con esso diminuì via via la loro importanza.
Il complesso appare però ancora attivo a metà Quattrocento, quando in un'ordinanza di Francesco Sforza è citato fra le fortificazioni da abbattere, in quanto non più utili o addirittura pericolose come possibile arroccamento in un'eventuale rivolta al Duca.
Anche se questo ordine appare non eseguito, di fatto il castello venne abbandonato, e da allora iniziò la sua lenta rovina, e la graduale riconquista del colle da parte della vegetazione.
Data la posizione imprendibile e la buona visuale sui luoghi, il colle e la sua torre vennero inseriti durante la Prima Guerra Mondiale fra le strutture della cosiddetta Frontiera Nord, il sistema difensivo italiano che da Viggiù si snoda attraverso le alture sino a Luino, ma che non venne mai coinvolto dalle operazioni belliche.
Negli ultimi anni il Castelasc è tornato al centro dell'attenzione a seguito di una dettagliata inchiesta giornalistica sul suo stato di degrado, preludio al recupero delle sue strutture, quale elemento di identità territoriale, e della memoria storica a esse legata.
Facilmente raggiungibile dall'abitato, da qualche anno oltre ad essere inserito nel circuito delle visite turistiche, è sede di una suggestiva manifestazione medievale, che per un intero finesettimana del mese di luglio propone la ricostruzione delle ambientazioni e della vita del tempo.
Sulla collina fra Cavagnano e San Salvatore, frazioni del Comune di Cuasso, svettano fra nude rocce e radi arbusti gli imponenti ruderi di quello che un tempo doveva essere un caposaldo del controllo del territorio, arroccato sopra una stretta gola e affacciato sul ripido pendio che domina il Lago Ceresio e la via da Como verso il Gottardo.
Il cosiddetto Castelasc - castellaccio, nella parlata locale - è infatti quanto resta di una poderosa fortificazione medievale a quattro piani, cinta da mura con merli guelfi, sviluppatasi nel corso del tempo su un originario impianto di età romana se non più antica.
La rocca nord-orientale, infatti, posta sulla culminazione del colle, venne edificata - forse già in età augustea - come torre di segnalazione inserita entro il sistema a protezione della viabilità lungo la via lacustre verso settentrione.
Successivamente, la struttura della rocca venne ripresa e ampliata dai Longobardi, venendosi a trovare al confine settentrionale del Contado del Seprio; i ruderi rimasti suggeriscono una pianta piuttosto insolita, che richiama analoghe strutture dell'Inghilterra sassone, tanto da averne fatto ipotizzare la progettazione da parte di maestranze sassoni, una delle etnie che componevano l'eterogeneo popolo dei "Langobardi".
La conquista carolingia confermò in gran parte la ripartizione territoriale preesistente, e la rocca di Cuasso mantenne quindi la propria importanza ai confini del Seprio, venendo ampliata via via lungo il pendio sudoccidentale del colle, verso la forra.
Si sviluppò quindi una cinta muraria, solo in parte conservata, attorno a uno spazio trapezoidale allungato verso il nuovo mastio, una possente torre quadrangolare priva di accesso dall'esterno, ma dotata di finestre di guardia, in posizione avanzata sulla gola e sulla strada di collegamento.
Davanti al mastio, le absidi delle due chiese di Sant'Ambrogio e di San Dionigi chiudevano la stretta corte interna; poco si sa della prima, di cui sono rimaste solo poche tracce delle fondamenta; la facciata della seconda si apriva invece lungo il muro principale, mantenendo un'apertura laterale verso l'interno del castello. Questo fa supporre che essa servisse un villaggio esterno di cui non è rimasta traccia, ovvero un grumo di case di legno addossate per motivi di difesa alle mura stesse.
Nel XIII secolo l'intera struttura risulta in possesso della nobile famiglia dei da Besozzo, che qui fronteggiava i possedimenti dei confinanti Torriani; probabilmente a loro risale la merlatura guelfa, che sottolinea un coinvolgimento e forse un ruolo cruciale del castello nell'ambito delle lotte fra Impero e Papato.
Assorbito in età viscontea l'intero territorio entro il Ducato di Milano, il colle di Cuasso e la relativa fortificazione persero il proprio significato strategico, e con esso diminuì via via la loro importanza.
Il complesso appare però ancora attivo a metà Quattrocento, quando in un'ordinanza di Francesco Sforza è citato fra le fortificazioni da abbattere, in quanto non più utili o addirittura pericolose come possibile arroccamento in un'eventuale rivolta al Duca.
Anche se questo ordine appare non eseguito, di fatto il castello venne abbandonato, e da allora iniziò la sua lenta rovina, e la graduale riconquista del colle da parte della vegetazione.
Data la posizione imprendibile e la buona visuale sui luoghi, il colle e la sua torre vennero inseriti durante la Prima Guerra Mondiale fra le strutture della cosiddetta Frontiera Nord, il sistema difensivo italiano che da Viggiù si snoda attraverso le alture sino a Luino, ma che non venne mai coinvolto dalle operazioni belliche.
Negli ultimi anni il Castelasc è tornato al centro dell'attenzione a seguito di una dettagliata inchiesta giornalistica sul suo stato di degrado, preludio al recupero delle sue strutture, quale elemento di identità territoriale, e della memoria storica a esse legata.
Facilmente raggiungibile dall'abitato, da qualche anno oltre ad essere inserito nel circuito delle visite turistiche, è sede di una suggestiva manifestazione medievale, che per un intero finesettimana del mese di luglio propone la ricostruzione delle ambientazioni e della vita del tempo.