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Natura e cultura attorno al forte di bard

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  • NATURA E CULTURA ATTORNO AL FORTE DI BARD

    Descrizione

    Un bel itinerario tutto da pedalare immersi in un paesaggio dove natura, cultura e tradizioni si fondono al meglio.
    Partendo dal Forte di Bard, l’escursione è dedicata a ciclisti allenati e si sviluppa su strade asfaltate a basso traffico veicolare e belle poderali. Attraversando vigneti, boschi di castagno e magnifici villaggi rurali la pedalata conduce al suggestivo Chemp, villaggio d’arte a cielo aperto dove, tra le antiche case in pietra, trovano posto numerose sculture che popolano questo luogo magico.

    DATI TECNICI PERCORSO

    Difficoltà: Impegnativo (Oltre 5 ore in sella e oltre 800m di dislivello positivo. Ottimo livello di allenamento richiesto).
    Lunghezza: 35 km
    Dislivello positivo: 1200 m D+
    Dislivello negativo: 1200 m D-
    Tipo di fondo: asfalto 29 km – sterrato 6 km

    Lasciata l’auto nei parcheggi presso la stazione ferroviaria di Hône, dirigersi in direzione sud e attraversare il ponte sulla Dora da cui si può ammirare il Forte di Bard in tutto il suo splendore. Attraversata la strada statale seguire via Vittorio Emanuele II che attraversa il vecchio e suggestivo borgo di Bard. Usciti dal villaggio seguire la strada che, con un primo tratto di discesa ripida, conduce a Donnas. Dopo circa 1,5km si potrà ammirare la suggestiva ed emozionante Strada delle Gallie, strada di epoca romana ancora estremamente ben conservata. Imboccare via Principe Tommaso nell’antico Bourg, usciti dal quale occorre svoltare a sinistra superato il ponte sul torrente Bellet. Da qui inizia un tratto di salita su asfalto che in circa 4 km, attraversando caratteristici vigneti, coltivi e villaggi, conduce alla frazione di Albard poco oltre la quale
    si imbocca una bella strada poderale. Immersi in un magnifico bosco di castagni si giunge alla quota di 850 m.s.l.m da dove la strada inizia a scendere fino a raggiungere l’abitato di Perloz posto a 650 m.s.l.m.
    Percorrendo il bellissimo e stretto viottolo che attraversa il villaggio si giunge alla strada regionale che occorre seguire in salita per circa 5,5 km. Superato il villaggio di Marine al bivio posto sul tornate mantenersi a destra lungo la strada che in 2km porta a Chemp. Lasciato il villaggio ripercorrere la strada dell’andata fino a Perloz per poi continuare in discesa fino Pont-Saint-Martin. Imboccare la bella pista ciclabile e le strade secondarie che attraverso prati e coltivi riportano a Donnas. Da qui il rientro al punto di partenza è lungo lo stesso percorso dell’andata.

     

    Luoghi da visitare nei dintorni

    Borgo e Forte di Bard

    Bard sebbene sia il più piccolo comune italiano (poco più di 3 km quadri di superficie con poco più di cento abitanti) gode di una posizione strategica che lo ha reso da lungo tempo centro di passaggio commerciale e militare.
    Il piccolo borgo nato lungo la Via Consolare romana è un autentico concentrato di testimonianze storiche con il suo assetto medievale pressoché intatto. Attorno alla via principale, sotto cui scorre parte dell’antico canale detto della Furiana realizzato dai Romani e ancora oggi in uso, si trovano ben 25 edifici dichiarati monumentali costruiti sugli antichi muri romani ancora visibili in alcune cantine.
    I più celebri sono Casa Challant con le sue finestre a chiglia rovesciata e a crociera, risalente alla fine del XV secolo e abitata dal Conte Filiberto di Challant castellano di Bard tra il 1487 e il 1517, Casa Nicole elegante residenza degli ultimi conti di Bard sulla cui facciata si trovano i segni dei proiettili sparati durante l’assedio al forte di Bard da parte dell’esercito di Napoleone nel maggio del 1800 e Casa Valperga risalente al XVI secolo, con una facciata abbellita da finestre a crociera e i resti di decorazione pittorica. Al centro si trova una finestra a bifora e resti di affreschi che rappresentano antichi stemmi nobiliari, fra cui quello della famiglia Valperga.
    L’imponente Forte domina il piccolo borgo dall’alto di un promontorio roccioso, sentinella a guardia del punto più stretto di tutta la Valle d’Aosta.
    La storia del Forte affonda le radici già a partire dal VI secolo d.C. quando a Bard c’era una guarnigione di 60 soldati a difesa dell’impero. A partire dal 1242 la fortezza diventa di proprietà dei Savoia. Il forte diventerà protagonista in occasione del passaggio dell’esercito francese nel 1704 e soprattutto dell’arrivo di Napoleone Bonaparte nel maggio del 1800 dove vi troverà asserragliato un esercito formato da 400 austriaci. Il forte si rivelò inespugnabile, tanto che l’armata napoleonica impiegò circa due settimane per poter proseguire, riuscendovi solo con l’astuzia. Una volta passato Napoleone fece smantellare il forte che fu ricostruito così come lo vediamo oggi da Carlo Felice a partire dal 1830 fino a farlo diventare una delle più massicce ed imponenti fortificazioni di sbarramento.
    Tre sono i principali corpi di fabbrica che compongono il forte fra i quali si trova racchiuso il grande cortile quadrangolare della Piazza d’Armi circondato da un ampio porticato.
    A fine ‘800 il forte cadde in declino diventando prima una prigione e poi deposito di munizioni ed infine definitivamente abbandonato.
    Dopo un’importante opera di recupero e restauro da parte della Regione Autonoma Valle d’Aosta a partire dagli anni 2000, oggi il forte è un importantissimo polo culturale con musei permanenti ed esposizioni temporanee di livello internazionale.


    Strada delle Gallie

    E’ la prima opera pubblica che i Romani realizzarono in Valle d’Aosta alla fine del I secolo a.C per condurre ai due importanti valichi dell’Alpis Graia in direzione di Lione (Piccolo San Bernardo) e dell’Alpis Poenina in direzione della Valle del Reno e della Germania (Gran San Bernardo).
    La ricostruzione dei tracciati in epoca romana è possibile grazie numerosi itineraria come il Tabula
    Peutingeriana, copia dell’XI-XII secolo di un itinerarium risalente al II-IV secolo d.C., che indica le strade che da Eporedia (Ivrea) attraverso Augusta Prætoria (Aosta) portavano alle province transalpine. Riporta in modo preciso le distanze tra le varie tappe e la presenza di mansiones, punti di sosta lungo il cammino.
    La perizia dei romani in fatto di viabilità emerge chiaramente laddove a causa della morfologia della valle realizzarono imponenti tagli nella roccia, opere in pietra di ardita ingegneria, ponti talmente ben costruiti da esser giunti fino a noi.
    A Donnas se ne trova un tratto spettacolare lungo 221 metri e straordinariamente conservato. Qui i romani hanno dovuto intagliare la strada nella roccia per passare il promontorio che giungeva fino alle acque della Dora. Si vede bene il massiccio passaggio ad arco che nel Medioevo servì come porta del borgo.
    L’antica sede stradale che passa sotto l’arco mostra i profondi segni lasciati dal passaggio dei carri e l’usura del piano di calpestio a testimoniarne l’intenso utilizzo nel corso dei secoli. Sulla destra si trova un miliario in pietra che informa della distanza in miglia che mancano per raggiungere Augusta Praetoria (l’attuale Aosta), ovvero XXXVI miglia (circa 54 km).


    Vigneti

    La zona, soleggiata e ben esposta, è da secoli ambiente ottimale per la coltivazione della vite. Proprio fra Pont-Saint-Martin fino a Bard il panorama offe ampie aree terrazzate, luoghi dove l’uomo ha saputo strappare ai pendii rocciosi piccole lingue di terra dove erigere magnifici muri a secco che creano un susseguirsi di piccoli terrazzamenti a pendenza ridotta dove ancora oggi si pratica una viticoltura che può senz’altro definirsi eroica.
    La viticultura ha qui origini antichissime e le attività in vigna sono ancora manuali. Le viti sono sorrette dalle caratteristiche topie o pergole tipicamente in legno per esporle al meglio al raggi del sole che esaltano profumi e sapori dei grappoli una volta giunti a maturazione.
    Qui si produce il Vallée d’Aoste Donnas DOC tanto prezioso da essere definito il fratello montano del Barolo. È ottenuto da uve Nebbiolo (minimo 85%) qui chiamato Picotendro che significa buccia tenera, Freisa e di Neyret. Questo vino è stato il primo vino valdostano ad ottenere la Denominazione di Origine Controllata (DOC).
    Proprio fra Donnas e Pont-Saint-Martin si sviluppa la Strada dei Vigneti che invita a scoprire questo angolo di Valle d’Aosta che si adagia verso la pianura del vicino Canavese, fra panorami e angoli suggestivi da scoprire a piedi o in bicicletta.
    Un esempio? I tipici barmet, cantine ricavate sotto grossi massi dove la temperatura stabile è adatta alla conservazione del vino.

     

    Il castagno

    Il castagno ha avuto in passato un’importanza fondamentale per la sopravvivenza delle genti di montagna, specialmente nella zona compresa tra Châtillon e Pont-Saint-Martin e all’imbocco della Valle del Lys, dove si concentra l’80% dei castagneti della Valle d’Aosta.
    I boschi di castagno erano gestiti con grande cura perché la castagna era considerata il pane dei poveri e le varietà di castagne coltivate erano scelte in modo da ottenere i migliori frutti da conservare.
    Dell’albero si utilizzava tutto, dal frutto al legno alle foglie. Già in passato la costituzione di castagneti da frutto avveniva innestando in bosco polloni di ceppaia con le varietà desiderate. La pianta non innestata forniva il legno migliore: se tagliato in luna crescente era ideale da ardere, mentre in luna calante era destinato alle costruzioni.
    Il castagno era così importante da essere ereditato. In vari atti notarili del passato si trova specificato che l’albero era dato in successione a un erede mentre la chioma, le foglie e il legno secco a un secondo.
    Questa attenzione verso il castagno ha portato a noi oggi dei boschi di rara bellezza che dimostrano la cura del territorio e del bosco stesso. In autunno i castagneti si colorano di sfumature incredibili e si riempiono di ricci maturi. La raccolta viene fatta ancora in modo per lo più tradizionale in un sottobosco tenuto sempre pulito proprio per facilitare questa operazione. I frutti vengono selezionati e separati in base a varietà e dimensioni. Una parte viene consumata fresca, altre vengono essiccate in luoghi asciutti e aerati oppure nelle gra o gréhe, locali chiusi a due piani dove veniva acceso un fuoco molto basso e controllato per alcune settimane (da 3 a 7). Le castagne ne uscivano perfettamente secche e cariche di profumi e gusti del tutto particolari.


    Villaggio di Perloz


    Aggrappato all’imbocco della Valle del Lys che conduce a Gressoney, circondato da splendidi boschi di castagno, si trova il piccolo villaggio di Perloz che sorprende per la sua atmosfera di montagna e le sue tante testimonianze del passato.
    Il borgo si caratterizza per tipici dettagli medievali: la strada centrale che si snoda fra due file di case e due edifici signorili (chiamati castelli) appartenuti alla famiglia Vallaise, il cui status si percepisce da particolari architettonici come raffinate finestre a bifora o trifora e stemmi nobiliari. Un tempo il borgo era chiuso alle due estremità da due porte.
    Un monumentale torchio testimonia l’importanza della viticoltura nella zona. Un tempo doveva trovarsi in uno spazio aperto e fu poi spostato in un locale che lo contiene a malapena tanto che, secondo alcune testimonianze, il pavimento del locale sovrastante aveva un foro nel quale durante la pressatura saliva la vite del torchio.
    E’ un magnifico esempio di macchina che sfruttando il principio della leva, permette di ottenere il massimo rendimento con un impiego di forze contenuto. Fu danneggiato durante la seconda guerra mondiale quando Perloz fu teatro della prima azione di resistenza armata al regime nella zona della Bassa Valle.
    Per ricordare questo evento si trovano in località Marine La campana del Partigiano e nel centro del paese Il Museo della Resistenza, proprio dove la III Brigata Lys si riuniva per pianificare le rappresaglie per la lotta di liberazione che portando i nazifascisti a ribattere con pesanti ritorsioni il 30 giugno 1944.
    La campana ogni giorno alle 9.15 suona a ricordo che qui il l’8 dicembre 1943 fu sparato il primo colpo di fucile contro gli invasori, dando il via a una sequenza di azioni armate e alla nascita della resistenza.


    Villaggio di Chemp

    Il piccolo villaggio di Chemp è un gioiello sospeso nel tempo, un museo a cielo aperto che svela ad ogni angolo sculture che si si fondono con i muri delle case in pietra e legno, formando un connubio potente e poetico.
    Una manciata di case che sono lo specchio della vita di montagna di un tempo: edifici di uso collettivo come la cappella datata 1678 all’ingresso del villaggio, il forno in posizione centrale oggi ridotto a un rudere ma che mostra ancora una pietra triangolare con un foro che poteva servire a inserire il palo che chiudeva la bocca del forno. Su una pietra compare la data: 1790.
    Una passeggiata per le strade di Chemp regala un’immagine fatta di case con caratteristiche architettoniche ricorrenti, datate per lo più fra i secoli XVIII e XIX, con una distribuzione degli spazi dettata dalla tradizione: la stalla al pianterreno assieme alle cantine, l’abitazione della famiglia al primo piano dove si trovava il camino e il fienile sotto il tetto.
    Girovagando ammirati fra viottoli e sentieri si nota l’unico edificio seicentesco rimasto, un granaio in legno, simbolo dell’importanza della cerealicoltura nell’economia del passato. La data incisa sulla trave di colmo reca la data 1671, la sigla sacra IHS e delle iniziali (PF NV) lasciate probabilmente da chi l’ha costruito.
    Accanto si trova un grande edifico conosciuto come “casa del notaio”, una costruzione ricercata con un notevole loggiato ad archi sulla facciata sud-est, sicuramente appartenente a un personaggio di livello sociale superiore.
    Molti artisti hanno posizionato le proprie opere nel villaggio di Chemp rendendolo unico. E’ una continua meraviglia e sorpresa andare a cercarle. Si troveranno crocifissi, farfalle in volo, statue con fattezze di uomini, donne, bimbi e bimbe, legni scolpiti nelle forme più diverse che evocano un tempo che a Chemp sembra essersi fermato.


    Ponte del Diavolo di Point Saint Martin 

    Il torrente Lys che scende dalla Valle di Gressoney è ancora oggi attraversato nel centro di Pont-Saint-Martin dallo spettacolare ponte in pietra, noto come ponte del diavolo.
    La sua origine è romana e permetteva il transito in direzione dell’attuale Aosta e poi verso i valichi alpini sulla trafficatissima strada consolare delle Gallie.
    Nell’antichità il paese fu chiamato ad pontem, proprio con riferimento al suo imponente ponte, capolavoro di tecnica datato al I secolo a.C. E’ oggi uno dei ponti romani più grandiosi e meglio conservati del Nord Italia, utilizzato ininterrottamente fino al 1836, quando venne sostituito dal ponte moderno.
    Proprio la presenza del ponte con la sua arcata alta 25 metri e lunga oltre 30 metri, portò la nascita e l’ubicazione dell’abitato che si sviluppò intorno ad esso lungo la via pubblica. Alla base del ponte si possono vedere i segni nella roccia dove si inserivano le travi dell’impalcatura utilizzata per la sua costruzione.
    Passando sul ponte si nota l’ampiezza della carreggiata (5 metri, esclusi i parapetti) e il fondo di calpestio che alterna ciottoli e frammenti di lastroni poligonali, intervallati da incisioni orizzontali per non far scivolare gli animali in transito.
    Secondo la tradizione, San Martino vescovo di Tours, percorse due volte la Valle d’Aosta per recarsi a Roma attraversando in entrambe le occasioni il ponte sul Lys.
    Proprio intorno alla figura di San Martino e alle circostanze dell’edificazione del ponte è nata la leggenda che indica il santo vescovo come ideatore del raggiro che ebbe come risultato la costruzione del ponte sul Lys e come vittima il demonio.
    Il carnevale storico di Pont-Saint-Martin trae ispirazione da questa leggenda. Il culmine dei festeggiamenti è il rogo con cui si da fuoco al diavolo appeso al ponte.

    Come raggiungerci:

    In auto da Torino: lungo la strada statale 26 fino a Bard, alla rotonda svoltare a sinistra e superato il ponte sulla Dora Baltea, seguire le indicazioni per la stazione ferroviaria di Hône. L’usita dell’autostrada più vicina è quella di Pont-Saint-Martin.
    In auto da Monte Bianco-Aosta: lungo la strada statale 26 fino a Hône, alla rotonda svoltare a destra e superato il ponte sulla Dora Baltea, seguire le indicazioni per la stazione ferroviaria. L’uscita dell’autostrada più vicina è quella di Verres.
    In treno: stazione ferroviaria di Hône Bard

    Un bel itinerario tutto da pedalare immersi in un paesaggio dove natura, cultura e tradizioni si fondono al meglio.
    Partendo dal Forte di Bard, l’escursione è dedicata a ciclisti allenati e si sviluppa su strade asfaltate a basso traffico veicolare e belle poderali. Attraversando vigneti, boschi di castagno e magnifici villaggi rurali la pedalata conduce al suggestivo Chemp, villaggio d’arte a cielo aperto dove, tra le antiche case in pietra, trovano posto numerose sculture che popolano questo luogo magico.

    DATI TECNICI PERCORSO

    Difficoltà: Impegnativo (Oltre 5 ore in sella e oltre 800m di dislivello positivo. Ottimo livello di allenamento richiesto).
    Lunghezza: 35 km
    Dislivello positivo: 1200 m D+
    Dislivello negativo: 1200 m D-
    Tipo di fondo: asfalto 29 km – sterrato 6 km

    Lasciata l’auto nei parcheggi presso la stazione ferroviaria di Hône, dirigersi in direzione sud e attraversare il ponte sulla Dora da cui si può ammirare il Forte di Bard in tutto il suo splendore. Attraversata la strada statale seguire via Vittorio Emanuele II che attraversa il vecchio e suggestivo borgo di Bard. Usciti dal villaggio seguire la strada che, con un primo tratto di discesa ripida, conduce a Donnas. Dopo circa 1,5km si potrà ammirare la suggestiva ed emozionante Strada delle Gallie, strada di epoca romana ancora estremamente ben conservata. Imboccare via Principe Tommaso nell’antico Bourg, usciti dal quale occorre svoltare a sinistra superato il ponte sul torrente Bellet. Da qui inizia un tratto di salita su asfalto che in circa 4 km, attraversando caratteristici vigneti, coltivi e villaggi, conduce alla frazione di Albard poco oltre la quale
    si imbocca una bella strada poderale. Immersi in un magnifico bosco di castagni si giunge alla quota di 850 m.s.l.m da dove la strada inizia a scendere fino a raggiungere l’abitato di Perloz posto a 650 m.s.l.m.
    Percorrendo il bellissimo e stretto viottolo che attraversa il villaggio si giunge alla strada regionale che occorre seguire in salita per circa 5,5 km. Superato il villaggio di Marine al bivio posto sul tornate mantenersi a destra lungo la strada che in 2km porta a Chemp. Lasciato il villaggio ripercorrere la strada dell’andata fino a Perloz per poi continuare in discesa fino Pont-Saint-Martin. Imboccare la bella pista ciclabile e le strade secondarie che attraverso prati e coltivi riportano a Donnas. Da qui il rientro al punto di partenza è lungo lo stesso percorso dell’andata.

     

    Luoghi da visitare nei dintorni

    Borgo e Forte di Bard

    Bard sebbene sia il più piccolo comune italiano (poco più di 3 km quadri di superficie con poco più di cento abitanti) gode di una posizione strategica che lo ha reso da lungo tempo centro di passaggio commerciale e militare.
    Il piccolo borgo nato lungo la Via Consolare romana è un autentico concentrato di testimonianze storiche con il suo assetto medievale pressoché intatto. Attorno alla via principale, sotto cui scorre parte dell’antico canale detto della Furiana realizzato dai Romani e ancora oggi in uso, si trovano ben 25 edifici dichiarati monumentali costruiti sugli antichi muri romani ancora visibili in alcune cantine.
    I più celebri sono Casa Challant con le sue finestre a chiglia rovesciata e a crociera, risalente alla fine del XV secolo e abitata dal Conte Filiberto di Challant castellano di Bard tra il 1487 e il 1517, Casa Nicole elegante residenza degli ultimi conti di Bard sulla cui facciata si trovano i segni dei proiettili sparati durante l’assedio al forte di Bard da parte dell’esercito di Napoleone nel maggio del 1800 e Casa Valperga risalente al XVI secolo, con una facciata abbellita da finestre a crociera e i resti di decorazione pittorica. Al centro si trova una finestra a bifora e resti di affreschi che rappresentano antichi stemmi nobiliari, fra cui quello della famiglia Valperga.
    L’imponente Forte domina il piccolo borgo dall’alto di un promontorio roccioso, sentinella a guardia del punto più stretto di tutta la Valle d’Aosta.
    La storia del Forte affonda le radici già a partire dal VI secolo d.C. quando a Bard c’era una guarnigione di 60 soldati a difesa dell’impero. A partire dal 1242 la fortezza diventa di proprietà dei Savoia. Il forte diventerà protagonista in occasione del passaggio dell’esercito francese nel 1704 e soprattutto dell’arrivo di Napoleone Bonaparte nel maggio del 1800 dove vi troverà asserragliato un esercito formato da 400 austriaci. Il forte si rivelò inespugnabile, tanto che l’armata napoleonica impiegò circa due settimane per poter proseguire, riuscendovi solo con l’astuzia. Una volta passato Napoleone fece smantellare il forte che fu ricostruito così come lo vediamo oggi da Carlo Felice a partire dal 1830 fino a farlo diventare una delle più massicce ed imponenti fortificazioni di sbarramento.
    Tre sono i principali corpi di fabbrica che compongono il forte fra i quali si trova racchiuso il grande cortile quadrangolare della Piazza d’Armi circondato da un ampio porticato.
    A fine ‘800 il forte cadde in declino diventando prima una prigione e poi deposito di munizioni ed infine definitivamente abbandonato.
    Dopo un’importante opera di recupero e restauro da parte della Regione Autonoma Valle d’Aosta a partire dagli anni 2000, oggi il forte è un importantissimo polo culturale con musei permanenti ed esposizioni temporanee di livello internazionale.


    Strada delle Gallie

    E’ la prima opera pubblica che i Romani realizzarono in Valle d’Aosta alla fine del I secolo a.C per condurre ai due importanti valichi dell’Alpis Graia in direzione di Lione (Piccolo San Bernardo) e dell’Alpis Poenina in direzione della Valle del Reno e della Germania (Gran San Bernardo).
    La ricostruzione dei tracciati in epoca romana è possibile grazie numerosi itineraria come il Tabula
    Peutingeriana, copia dell’XI-XII secolo di un itinerarium risalente al II-IV secolo d.C., che indica le strade che da Eporedia (Ivrea) attraverso Augusta Prætoria (Aosta) portavano alle province transalpine. Riporta in modo preciso le distanze tra le varie tappe e la presenza di mansiones, punti di sosta lungo il cammino.
    La perizia dei romani in fatto di viabilità emerge chiaramente laddove a causa della morfologia della valle realizzarono imponenti tagli nella roccia, opere in pietra di ardita ingegneria, ponti talmente ben costruiti da esser giunti fino a noi.
    A Donnas se ne trova un tratto spettacolare lungo 221 metri e straordinariamente conservato. Qui i romani hanno dovuto intagliare la strada nella roccia per passare il promontorio che giungeva fino alle acque della Dora. Si vede bene il massiccio passaggio ad arco che nel Medioevo servì come porta del borgo.
    L’antica sede stradale che passa sotto l’arco mostra i profondi segni lasciati dal passaggio dei carri e l’usura del piano di calpestio a testimoniarne l’intenso utilizzo nel corso dei secoli. Sulla destra si trova un miliario in pietra che informa della distanza in miglia che mancano per raggiungere Augusta Praetoria (l’attuale Aosta), ovvero XXXVI miglia (circa 54 km).


    Vigneti

    La zona, soleggiata e ben esposta, è da secoli ambiente ottimale per la coltivazione della vite. Proprio fra Pont-Saint-Martin fino a Bard il panorama offe ampie aree terrazzate, luoghi dove l’uomo ha saputo strappare ai pendii rocciosi piccole lingue di terra dove erigere magnifici muri a secco che creano un susseguirsi di piccoli terrazzamenti a pendenza ridotta dove ancora oggi si pratica una viticoltura che può senz’altro definirsi eroica.
    La viticultura ha qui origini antichissime e le attività in vigna sono ancora manuali. Le viti sono sorrette dalle caratteristiche topie o pergole tipicamente in legno per esporle al meglio al raggi del sole che esaltano profumi e sapori dei grappoli una volta giunti a maturazione.
    Qui si produce il Vallée d’Aoste Donnas DOC tanto prezioso da essere definito il fratello montano del Barolo. È ottenuto da uve Nebbiolo (minimo 85%) qui chiamato Picotendro che significa buccia tenera, Freisa e di Neyret. Questo vino è stato il primo vino valdostano ad ottenere la Denominazione di Origine Controllata (DOC).
    Proprio fra Donnas e Pont-Saint-Martin si sviluppa la Strada dei Vigneti che invita a scoprire questo angolo di Valle d’Aosta che si adagia verso la pianura del vicino Canavese, fra panorami e angoli suggestivi da scoprire a piedi o in bicicletta.
    Un esempio? I tipici barmet, cantine ricavate sotto grossi massi dove la temperatura stabile è adatta alla conservazione del vino.

     

    Il castagno

    Il castagno ha avuto in passato un’importanza fondamentale per la sopravvivenza delle genti di montagna, specialmente nella zona compresa tra Châtillon e Pont-Saint-Martin e all’imbocco della Valle del Lys, dove si concentra l’80% dei castagneti della Valle d’Aosta.
    I boschi di castagno erano gestiti con grande cura perché la castagna era considerata il pane dei poveri e le varietà di castagne coltivate erano scelte in modo da ottenere i migliori frutti da conservare.
    Dell’albero si utilizzava tutto, dal frutto al legno alle foglie. Già in passato la costituzione di castagneti da frutto avveniva innestando in bosco polloni di ceppaia con le varietà desiderate. La pianta non innestata forniva il legno migliore: se tagliato in luna crescente era ideale da ardere, mentre in luna calante era destinato alle costruzioni.
    Il castagno era così importante da essere ereditato. In vari atti notarili del passato si trova specificato che l’albero era dato in successione a un erede mentre la chioma, le foglie e il legno secco a un secondo.
    Questa attenzione verso il castagno ha portato a noi oggi dei boschi di rara bellezza che dimostrano la cura del territorio e del bosco stesso. In autunno i castagneti si colorano di sfumature incredibili e si riempiono di ricci maturi. La raccolta viene fatta ancora in modo per lo più tradizionale in un sottobosco tenuto sempre pulito proprio per facilitare questa operazione. I frutti vengono selezionati e separati in base a varietà e dimensioni. Una parte viene consumata fresca, altre vengono essiccate in luoghi asciutti e aerati oppure nelle gra o gréhe, locali chiusi a due piani dove veniva acceso un fuoco molto basso e controllato per alcune settimane (da 3 a 7). Le castagne ne uscivano perfettamente secche e cariche di profumi e gusti del tutto particolari.


    Villaggio di Perloz


    Aggrappato all’imbocco della Valle del Lys che conduce a Gressoney, circondato da splendidi boschi di castagno, si trova il piccolo villaggio di Perloz che sorprende per la sua atmosfera di montagna e le sue tante testimonianze del passato.
    Il borgo si caratterizza per tipici dettagli medievali: la strada centrale che si snoda fra due file di case e due edifici signorili (chiamati castelli) appartenuti alla famiglia Vallaise, il cui status si percepisce da particolari architettonici come raffinate finestre a bifora o trifora e stemmi nobiliari. Un tempo il borgo era chiuso alle due estremità da due porte.
    Un monumentale torchio testimonia l’importanza della viticoltura nella zona. Un tempo doveva trovarsi in uno spazio aperto e fu poi spostato in un locale che lo contiene a malapena tanto che, secondo alcune testimonianze, il pavimento del locale sovrastante aveva un foro nel quale durante la pressatura saliva la vite del torchio.
    E’ un magnifico esempio di macchina che sfruttando il principio della leva, permette di ottenere il massimo rendimento con un impiego di forze contenuto. Fu danneggiato durante la seconda guerra mondiale quando Perloz fu teatro della prima azione di resistenza armata al regime nella zona della Bassa Valle.
    Per ricordare questo evento si trovano in località Marine La campana del Partigiano e nel centro del paese Il Museo della Resistenza, proprio dove la III Brigata Lys si riuniva per pianificare le rappresaglie per la lotta di liberazione che portando i nazifascisti a ribattere con pesanti ritorsioni il 30 giugno 1944.
    La campana ogni giorno alle 9.15 suona a ricordo che qui il l’8 dicembre 1943 fu sparato il primo colpo di fucile contro gli invasori, dando il via a una sequenza di azioni armate e alla nascita della resistenza.


    Villaggio di Chemp

    Il piccolo villaggio di Chemp è un gioiello sospeso nel tempo, un museo a cielo aperto che svela ad ogni angolo sculture che si si fondono con i muri delle case in pietra e legno, formando un connubio potente e poetico.
    Una manciata di case che sono lo specchio della vita di montagna di un tempo: edifici di uso collettivo come la cappella datata 1678 all’ingresso del villaggio, il forno in posizione centrale oggi ridotto a un rudere ma che mostra ancora una pietra triangolare con un foro che poteva servire a inserire il palo che chiudeva la bocca del forno. Su una pietra compare la data: 1790.
    Una passeggiata per le strade di Chemp regala un’immagine fatta di case con caratteristiche architettoniche ricorrenti, datate per lo più fra i secoli XVIII e XIX, con una distribuzione degli spazi dettata dalla tradizione: la stalla al pianterreno assieme alle cantine, l’abitazione della famiglia al primo piano dove si trovava il camino e il fienile sotto il tetto.
    Girovagando ammirati fra viottoli e sentieri si nota l’unico edificio seicentesco rimasto, un granaio in legno, simbolo dell’importanza della cerealicoltura nell’economia del passato. La data incisa sulla trave di colmo reca la data 1671, la sigla sacra IHS e delle iniziali (PF NV) lasciate probabilmente da chi l’ha costruito.
    Accanto si trova un grande edifico conosciuto come “casa del notaio”, una costruzione ricercata con un notevole loggiato ad archi sulla facciata sud-est, sicuramente appartenente a un personaggio di livello sociale superiore.
    Molti artisti hanno posizionato le proprie opere nel villaggio di Chemp rendendolo unico. E’ una continua meraviglia e sorpresa andare a cercarle. Si troveranno crocifissi, farfalle in volo, statue con fattezze di uomini, donne, bimbi e bimbe, legni scolpiti nelle forme più diverse che evocano un tempo che a Chemp sembra essersi fermato.


    Ponte del Diavolo di Point Saint Martin 

    Il torrente Lys che scende dalla Valle di Gressoney è ancora oggi attraversato nel centro di Pont-Saint-Martin dallo spettacolare ponte in pietra, noto come ponte del diavolo.
    La sua origine è romana e permetteva il transito in direzione dell’attuale Aosta e poi verso i valichi alpini sulla trafficatissima strada consolare delle Gallie.
    Nell’antichità il paese fu chiamato ad pontem, proprio con riferimento al suo imponente ponte, capolavoro di tecnica datato al I secolo a.C. E’ oggi uno dei ponti romani più grandiosi e meglio conservati del Nord Italia, utilizzato ininterrottamente fino al 1836, quando venne sostituito dal ponte moderno.
    Proprio la presenza del ponte con la sua arcata alta 25 metri e lunga oltre 30 metri, portò la nascita e l’ubicazione dell’abitato che si sviluppò intorno ad esso lungo la via pubblica. Alla base del ponte si possono vedere i segni nella roccia dove si inserivano le travi dell’impalcatura utilizzata per la sua costruzione.
    Passando sul ponte si nota l’ampiezza della carreggiata (5 metri, esclusi i parapetti) e il fondo di calpestio che alterna ciottoli e frammenti di lastroni poligonali, intervallati da incisioni orizzontali per non far scivolare gli animali in transito.
    Secondo la tradizione, San Martino vescovo di Tours, percorse due volte la Valle d’Aosta per recarsi a Roma attraversando in entrambe le occasioni il ponte sul Lys.
    Proprio intorno alla figura di San Martino e alle circostanze dell’edificazione del ponte è nata la leggenda che indica il santo vescovo come ideatore del raggiro che ebbe come risultato la costruzione del ponte sul Lys e come vittima il demonio.
    Il carnevale storico di Pont-Saint-Martin trae ispirazione da questa leggenda. Il culmine dei festeggiamenti è il rogo con cui si da fuoco al diavolo appeso al ponte.

    Come raggiungerci:

    In auto da Torino: lungo la strada statale 26 fino a Bard, alla rotonda svoltare a sinistra e superato il ponte sulla Dora Baltea, seguire le indicazioni per la stazione ferroviaria di Hône. L’usita dell’autostrada più vicina è quella di Pont-Saint-Martin.
    In auto da Monte Bianco-Aosta: lungo la strada statale 26 fino a Hône, alla rotonda svoltare a destra e superato il ponte sulla Dora Baltea, seguire le indicazioni per la stazione ferroviaria. L’uscita dell’autostrada più vicina è quella di Verres.
    In treno: stazione ferroviaria di Hône Bard