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VALLE DELLO SCERSCEN

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La Valle di Scerscen, lungo la quale il torrente Lanterna scende sino a Franscia, è uno spettacolare esempio di forra, incisa e modellata nel corso del Pleistocene da parte delle acque sottoglaciali; nella parte alta, essa si allarga in una grande conca, tappezzata da detriti abbandonati dal ghiacciaio che, nell'800, si spingeva sino all'imbocco della gola, seppellendo i pascoli dell'Alpe Scerscen, delle cui baite - abbandonate per tale motivo - restano ormai pochi ruderi.

Tutt'intorno alla conca si affacciano imponenti le più alte vette del massiccio del Bernina: il Piz Roseg (3936 m), il Piz Scerscen (3971 m) e l'anticima del Pizzo Bernina stesso (4020 m).

Risalendo lungo il sentiero che percorre la gola, si attraversano rocce di colore verde scuro - le serpentiniti - coperte da una patina bruna talora con striature rossastre; le vene di crisotilo - un minerale silicato di aspetto fibroso, da cui si ricava l'amianto - frequenti entro queste rocce sono state nei secoli scorsi sfruttate sino a queste quote: tutt'ora sono riconoscibili lungo il versante sinistro imbocchi di gallerie ormai murate, discariche, ruderi di edifici e di vecchi macchinari, legati a un'intensa attività estrattiva, oggi esaurita.

Il fondovalle appare invece modellato da imponenti depressioni a pozzo, analoghe alle cosiddette "marmitte dei giganti", intervallate a rocce emergenti dal torrente e levigate in bizzarre forme, tutte conseguenza del veloce scorrimento di acque in pressione, cariche di detriti, al di sotto della lingua glaciale che durante le glaciazioni maggiori scendeva sino a confluire con quella della valle principale.

Verso la testata della Valle di Scerscen, la visuale si apre su di un ampio panorama, caratterizzato da estesi contrafforti di rocce montonate intervallati da valli sospese e campi di detriti modellati in imponenti cordoni morenici, che segnano l'estensione delle lingue glaciali durante le ultime fasi della Piccola Età Glaciale. Più sopra, due ampi circhi ospitano ciò che rimane di questi grandi apparati: le due Vedrette di Scerscen inferiore, a occidente, e di Scerscen superiore a settentrione, che assieme coprono attualmente un’area di non più di una decina di chilometri quadrati.

Il regresso della Vedretta inferiore, in particolare, ha messo a nudo la culminazione centrale del vasto piano inclinato su cui giaceva, che spicca rispetto all'intorno per le sue rocce di colore chiaro, striate da bande più scure, pressoché uniche in questo settore della catena alpina. Si tratta di una fascia - ampia circa un chilometro e spessa non più di 250 m - di rocce sedimentarie calcaree e dolomitiche del Triassico Superiore e in parte del Giurassico, trasformate durante l'orogenesi alpina in marmi talora quarzosi, e di sedimenti argillosi cretacei trasformati in calcescisti. Entro essi si intercalano, variamente ripiegati e deformati, i sedimenti silicei di fondale oceanico del Giurassico superiore, che appaiono come scisti quarzosi verde scuro, ricchi di livelli mineralizzati a manganese, talora con specie mineralogiche rarissime.

Minerali di grande interesse per i collezionisti sono rintracciabili con maggior facilità però entro i blocchi rocciosi lungo il greto del torrente e nei detriti abbandonati dai ghiacciai; tra questi, la spessartina - una varietà di granato - e due silicati di manganese, la rodonite, dal bel colore rosato, e la tiragalloite, un raro minerale in limpidi cristalli millimetrici di colore rosso aranciato; di quest'ultima, gli esemplari trovati a Scerscen pare siano fra i migliori rinvenuti al mondo.

Per via della rara successione di rocce di origine sedimentaria conservata in corrispondenza della Vedretta di Scerscen superiore, questa precisa area è stata proposta per la tutela e valorizzazione come geosito, assieme a tre grotte legate a un particolare - e raro - tipo di carsismo, individuate negli anni '70 del secolo scorso entro i marmi.

L'intera area che si estende dal Monte di Scerscen al Monte Motta è inoltre protetta come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) e come Zona di Protezione Speciale (ZPS), per la presenza nelle varie fasce altimetriche, di ben 17 habitat di interesse comunitario diversi, fra cui uno - Formazioni erbose a Nardus, su substrato siliceo delle zone montane - la cui tutela è considerata prioritaria. Sono inoltre presenti numerose specie faunistiche, fra cui ben 10 specie di uccelli di interesse comunitario per la loro rarità e importanza ecologica.

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