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Denti della vecchia (lugano)

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Descrizione

Dal crinale che chiude a meridione la Val Colla, appena dopo la cima di Fojorina si stacca verso SW una cresta che dal Passo di Pairolo scende sino al Monte Boglia, delimitando verso meridione la valle del torrente Dino.

Essa culmina nei 1490 m del Sasso Grande, cima principale di un frastagliato gruppo di arditi pinnacoli e torrioni dolomitici, che sorgono come denti sgangherati dalla sommità del versane boscato: i Denti della Vecchia, appunto, secondo una tradizione locale ormai consolidata dalla toponomastica ufficiale.

Col loro aspetto singolare, essi costituiscono uno dei più caratteristici crinali del Luganese.

Una grande faglia

Tutto il versante sinistro della valle del Dino, e poi oltre Pairolo, del Cassarate, è di estremo interesse per la geologia, e come tale è stato proposto e valorizzato come geotopo, il termine con cui nell'ordinamento svizzero vengono designati i geositi.

Lungo esso, infatti, decorre la Linea della Grona, un'estesa faglia con orientamento ENE-WSW che dalla Grona di Menaggio, attraverso il Passo di San Lucio e il Passo di Pairolo, arriva sino al Monte Boglia, ove è tagliata da un'altra importante faglia, la Linea di Lugano.

La Linea della Grona pone in contatto tettonico il basamento cristallino sudalpino a settentrione - la cosiddetta "zona della Val Colla" - con la successione sedimentaria triassica a meridione, e delimita alla base, attorno a q. 850 m s.l.m., il paesaggio delle rocce carbonatiche, tipico del crinale dei Denti della Vecchia.

Le rocce del Carbonifero

L'intorno della faglia è caratterizzato da rocce fittamente frantumate, a causa del movimento dei due blocchi lungo essa; inoltre qua e là, nel loro scorrimento laterale, sono rimasti impigliati alcuni brandelli di rocce sedimentarie anteriori al Triassico, in particolare delle arenarie e siliti nerastre, ricche di materia organica, datate al Carbonifero.

Si tratta di uno dei lembi di rocce sedimentarie più antiche di questo settore delle Prealpi, arricchito dalla presenza dei numerosi resti fossili di una flora ormai estinta, vecchia di più di 300 milioni di anni.

Oltre agli affioramenti ai piedi dei Denti, presso la Capanna Pairolo - e a quelli italiani della Val Sanagra e dell'Alpe Logone - un altro lembo ben esposto è visibile presso Manno: qui addirittura sono riconoscibili in rilievo sulla roccia due grandi tronchi fossili; per questo motivo, anche gli affioramenti di Manno sono tutelati come geotopi.

La dolomia dei Denti

A sud della linea della Grona, il versante taglia tutta la successione di calcari e marne del Triassico, sino alla potente bancata della Dolomia Principale, che "chiude" il periodo.

Roccia massiccia e facilmente fratturabile nel corso dei movimenti tettonici, essa si offre qui a una facile erosione, che ne ha modellato il fantastico paesaggio di guglie e strette fessure, oggi un vero paradiso per l'arrampicata sportiva.

Gli habitat protetti

Ai suoi piedi, si estendono fitte faggete di tipo particolare per le associazioni vegetali che le caratterizzano, tra cui la rara faggeta ad agrifoglio, affiancate qua e là da plaghe a quercia e castagno, e da ampie distese di prati aridi tipici dei suoli calcarei, dominati da Poacee - più note con la vecchia definizione di graminacee -quali la Sesleria e il Bromus erectus o forasacco; qua e là essi appaiono punteggiati dai fiori del Citiso insubrico (Cytisus emeriflorus), un arbusto presente in questa regione solo sotto i Denti della Vecchia.

Salendo, queste formazioni boscose e prative lasciano il passo, sui pendii più scoscesi, a isolate mughete a erica, in cui il pino mugo nella sua forma arborescente rappresenta un unicum per la regione.

Le rupi con i loro anfratti e i limitati ghiaioni offrono invece rifugio a specie pioniere, capaci di sopravvivere in questo ambiente estremo; anche fra queste, molte appaiono uniche in Svizzera e rare in tutta la zona insubrica, quali la Peverina di Carinzia (Cerastium austroalpinum) e le sole popolazioni svizzere di Aquilegia di Einsele (Aquilegia einseleiana) e di Salice glabro (Salix glabro).

Questa ricchezza floristica, che rende variopinti i versanti e fa risaltare ancor di più il nitore della dolomia, addolcisce e completa il paesaggio ruiniforme dei Denti, rendendolo unico per i contrasti accentuati di luci e di colori, soprattutto durante l'autunno, quando via via ogni tonalità si tramuta nelle più incredibili sfumature di giallo e arancio, senza intaccare il verde intenso dei mughi abbarbicati alle rocce.

MAPPA

Dal crinale che chiude a meridione la Val Colla, appena dopo la cima di Fojorina si stacca verso SW una cresta che dal Passo di Pairolo scende sino al Monte Boglia, delimitando verso meridione la valle del torrente Dino.

Essa culmina nei 1490 m del Sasso Grande, cima principale di un frastagliato gruppo di arditi pinnacoli e torrioni dolomitici, che sorgono come denti sgangherati dalla sommità del versane boscato: i Denti della Vecchia, appunto, secondo una tradizione locale ormai consolidata dalla toponomastica ufficiale.

Col loro aspetto singolare, essi costituiscono uno dei più caratteristici crinali del Luganese.

Una grande faglia

Tutto il versante sinistro della valle del Dino, e poi oltre Pairolo, del Cassarate, è di estremo interesse per la geologia, e come tale è stato proposto e valorizzato come geotopo, il termine con cui nell'ordinamento svizzero vengono designati i geositi.

Lungo esso, infatti, decorre la Linea della Grona, un'estesa faglia con orientamento ENE-WSW che dalla Grona di Menaggio, attraverso il Passo di San Lucio e il Passo di Pairolo, arriva sino al Monte Boglia, ove è tagliata da un'altra importante faglia, la Linea di Lugano.

La Linea della Grona pone in contatto tettonico il basamento cristallino sudalpino a settentrione - la cosiddetta "zona della Val Colla" - con la successione sedimentaria triassica a meridione, e delimita alla base, attorno a q. 850 m s.l.m., il paesaggio delle rocce carbonatiche, tipico del crinale dei Denti della Vecchia.

Le rocce del Carbonifero

L'intorno della faglia è caratterizzato da rocce fittamente frantumate, a causa del movimento dei due blocchi lungo essa; inoltre qua e là, nel loro scorrimento laterale, sono rimasti impigliati alcuni brandelli di rocce sedimentarie anteriori al Triassico, in particolare delle arenarie e siliti nerastre, ricche di materia organica, datate al Carbonifero.

Si tratta di uno dei lembi di rocce sedimentarie più antiche di questo settore delle Prealpi, arricchito dalla presenza dei numerosi resti fossili di una flora ormai estinta, vecchia di più di 300 milioni di anni.

Oltre agli affioramenti ai piedi dei Denti, presso la Capanna Pairolo - e a quelli italiani della Val Sanagra e dell'Alpe Logone - un altro lembo ben esposto è visibile presso Manno: qui addirittura sono riconoscibili in rilievo sulla roccia due grandi tronchi fossili; per questo motivo, anche gli affioramenti di Manno sono tutelati come geotopi.

La dolomia dei Denti

A sud della linea della Grona, il versante taglia tutta la successione di calcari e marne del Triassico, sino alla potente bancata della Dolomia Principale, che "chiude" il periodo.

Roccia massiccia e facilmente fratturabile nel corso dei movimenti tettonici, essa si offre qui a una facile erosione, che ne ha modellato il fantastico paesaggio di guglie e strette fessure, oggi un vero paradiso per l'arrampicata sportiva.

Gli habitat protetti

Ai suoi piedi, si estendono fitte faggete di tipo particolare per le associazioni vegetali che le caratterizzano, tra cui la rara faggeta ad agrifoglio, affiancate qua e là da plaghe a quercia e castagno, e da ampie distese di prati aridi tipici dei suoli calcarei, dominati da Poacee - più note con la vecchia definizione di graminacee -quali la Sesleria e il Bromus erectus o forasacco; qua e là essi appaiono punteggiati dai fiori del Citiso insubrico (Cytisus emeriflorus), un arbusto presente in questa regione solo sotto i Denti della Vecchia.

Salendo, queste formazioni boscose e prative lasciano il passo, sui pendii più scoscesi, a isolate mughete a erica, in cui il pino mugo nella sua forma arborescente rappresenta un unicum per la regione.

Le rupi con i loro anfratti e i limitati ghiaioni offrono invece rifugio a specie pioniere, capaci di sopravvivere in questo ambiente estremo; anche fra queste, molte appaiono uniche in Svizzera e rare in tutta la zona insubrica, quali la Peverina di Carinzia (Cerastium austroalpinum) e le sole popolazioni svizzere di Aquilegia di Einsele (Aquilegia einseleiana) e di Salice glabro (Salix glabro).

Questa ricchezza floristica, che rende variopinti i versanti e fa risaltare ancor di più il nitore della dolomia, addolcisce e completa il paesaggio ruiniforme dei Denti, rendendolo unico per i contrasti accentuati di luci e di colori, soprattutto durante l'autunno, quando via via ogni tonalità si tramuta nelle più incredibili sfumature di giallo e arancio, senza intaccare il verde intenso dei mughi abbarbicati alle rocce.