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LA BASSA VALLE D’AOSTA, UNA TERRA RICCA DI SORPRESE

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Il torrente Dora Baltea, l’affluente del Po che traccia e disegna il suo letto nella vallata centrale, scendendo dal Monte Bianco, giunge infine placidamente verso il Piemonte e accompagna così un ideale percorso nei territori della Bassa Valle d’Aosta; dalla Rocca di Montjovet sino a Pont Saint Martin, passando per i borghi medievali di Verres e di Issogne, di Arnad e di Hone e Bard fino a Donnas, si dipana un intenso viaggio nella storia, tra vigneti e castagneti secolari, vallate incontaminate e ricche di fascino, vestigia romane e medievali, tradizioni e sapori unici.Il fondovalle, che fu l’antico percorso della Via Francigena e della Via delle Gallie, è punteggiato da numerosi ponti e torri, castelli e dimore signorili, come solidi e silenti testimoni del Passato.Al di là del Forte di Bard, vale la pena di fermarsi a visitare il castello medievale di Verres, quello rinascimentale di Issogne e il settecentesco castello Vallaise di Arnad;da non perdere poi il ponte romanico di Echallod e il famoso ponte romano di Pont Saint Martin, teatro di una suggestiva leggenda i cui protagonisti sono il Diavolo e la Ninfa del Lys.Tanti poi sono gli itinerari ciclopedonali; sentieri e mulattiere sono stati tracciati nel tempo lungo i torrenti, questi percorsi risalgono le vallate laterali di Gressoney, Ayas e Champorcher, attraversano piccoli e grandi villaggi, permettendo di osservare e visitare antichi edifici, chiese e cappelle.In questo settore della regione sono presenti percorsi facili e altri più impegnativi come i sentieri nel Parco del Mont Avic e della Riserva del Mont Mars, restando a quota più bassa possiamo salire i mille scalini che dalla frazione Outrefer di Donnas portano a Pourcil e Cormoney, possiamo percorrere la mulattiera che porta al santuario e al fortino di Machaby oppure il facile tracciato denominato “Costa dei Vigneti” che da Donnas porta ad Albard e Perloz.La Bassa Valle d’Aosta è una rete infinita e sorprendente di itinerari da scoprire in estate, ma anche e soprattutto in primavera ed autunno.
LA CASCATA DEL TOCE

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La Cascata del Toce, in territorio di Formazza, rappresenta una delle principali attrazioni naturalistiche della provincia del Verbano Cusio Ossola: con il suo salto di 143 m è la seconda più alta in Europa. Essa è alimentata dal fiume Toce che si forma nella piana di Riale dalla confluenza dei torrenti Hosand, Gries, Rhoni. La storia della Cascata del Toce e del suo famoso Albergo è da collegare alla storia dell’esplorazione alpinistica romantica e pionieristica iniziata dal De Saussure nel 1777 e proseguita dal reverendo Coolidge, dallo studioso svizzero Gottlier Studer, da Arthur Cust padre dello scialpinismo e dal milanese Riccardo Gerla definito “l’apostolo dell’Ossola” insieme alla fedele guida di Antronapiana Lorenzo Marani.La Cascata del Toce fu visitata ed amata da numerosi visitatori illustri come Richard Wagner, Gabriele D'Annunzio, la Regina Margherita, il Re Vittorio Emanuele III, Giosuè Carducci e dall’Abate Antonio Stoppani che hanno lasciato entusiastiche descrizioni di quella che veniva già definita la più bella cascata delle Alpi. Il sentiero che la costeggia, di vera suggestione, è un tratto della via mercantile del Gries che ha unito per secoli Milano e Berna.La cascata ha un’altezza di 143 m su un reclinamento roccioso di 200 m, con una larghezza in alto di 20 m e alla base di 60 m. Il salto rappresenta un ripido gradino roccioso impostato negli Gneis della falda del Lebendum, caratterizzati da litotipi molto compatti costituiti da metareniti e metaconglomerati con abbondante presenza di elementi quarzosi molto stirati.La Cascata del Toce è visibile nella sua maestosità solo nel corso dell'estate a fasce orarie perché le acque sono utilizzate a fini di produzione di energia idroelettrica.
LE MARMITTE DEI GIGANTI DI MAIESSO

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Nell'ultimo milione di anni le Alpi sono state interessate da 4 glaciazioni, cioè periodi di forte espansione dei ghiacci. L'ultima di esse, chiamata "glaciazione Wurmiana", è durata da 75.000 a 8.300 anni fa. Durante questa glaciazione la Valle Antigorio e Formazza era occupata dall'esteso ghiacciaio del Toce, spesso oltre 1.300 metri, che più a valle si univa con i ghiacciai che scendevano dalle altre valli dell'Ossola.Lo strato di ghiaccio era così spesso che solo le cime più alte emergevano. Una simile massa di ghiaccio ha avuto un ruolo importantissimo nel "disegnare" le attuali forme del paesaggio: i ghiacciai infatti svolgono un'importante azione di erosione, di modellamento, di trasporto e di deposizione.Osservando le ripide pareti che circondano il paese di Premia si riconosce il tipico profilo trasversale a forma di "U", ben diverso da una valle originatasi solo per erosione fluviale che presenta invece una sezione a forma di "V". Un altro segno inconfondibile della antica presenza del ghiacciaio è l'elevato grado di arrotondamento delle bastionate rocciose e del gradino roccioso di Premia (chiamato sulla carta con il toponimo "Sasso di Premia"). Le rocce lisciate e striate dall'azione di modellamento del ghiaccio prendono il nome di "rocce montonate".In località Maiesso, lungo il percorso di visita degli Orridi di Uriezzo, un ponte di ferro sul Fiume Toce rappresenta uno straordinario punto di osservazione sulle Marmitte dei Giganti.In questo breve tratto di valle l'imponente azione di modellamento e di erosione operata dai ghiacciai e dai torrenti del passato si è spinta a tal punto da oltrepassare le rocce (micascisti a granato) che costituiscono il gradino di Premia e incidere, mettendola in luce, la roccia sottostante (gneiss granitoide), biancastra e microcristallina, che contrasta cromaticamente con i sovrastanti micascisti bruno-grigiastri. La particolarità di questa roccia (comodamente osservabile proprio dal ponte di Maiesso) consiste nel fatto che rappresenta l'elemento tettonico più profondo conosciuto, il cosiddetto "Elemento Zero", dell'intero edificio alpino: in tutte le Alpi affiora solo nella zona di Verampio, dove la Valle di Devero confluisce nella Valle Antigorio e presenta una forma a cupola, tanto che viene anche definito "Cupola di Verampio".Dal ponte di Maiesso si possono osservare le caratteristiche cavità emisferiche o cilindriche incise sull’alveo roccioso del Fiume Toce. A queste formazioni, talvolta somiglianti a enormi scodelle, la fantasia dell’uomo ha attribuito il nome di “marmitte dei giganti”. Si sono formate principalmente ai tempi delle glaciazioni, causate dalla forza erosiva dei torrenti che scorrevano ad altissima pressione al di sotto del ghiacciaio (torrenti subglaciali). L’acqua che scorre al di sotto di un ghiacciaio può formare rapidi vortici, scorrendo con velocità anche superiori a 200 km/h, e le sabbie, i fini limi, ed i detriti trasportati, roteando e graffiando la roccia, come potenti trapani scavano e approfondiscono queste cavità tondeggianti, dalle pareti levigate.In tutta la zona della valle Antigorio si riscontrano numerosi esempi di marmitte dei giganti. Quelle che si possono osservare a Maiesso sono ancora forme attive, percorse ancora dall’acqua del Toce. Altre invece sono state originate anche da corsi d'acqua subglaciali, che dopo il ritiro dei ghiacciai sono scomparsi, e pertanto si possono incontrare anche molto lontane dagli attuali torrenti. Questo per esempio si verifica percorrendo la mulattiera che da Verampio sale a Baceno, dove si incontra una grande marmitta semisepolta di circa 10 metri di diametro, attraversata dalla mulattiera.Anche se le magnifiche pozze d’acqua di Maiesso invitano in estate a bagni rinfrescanti, si raccomanda caldamente di non lasciarsi tentare. Purtroppo la bassa temperatura dell’acqua, la presenza di tratti molto scivolosi e di gorghi sono stati causa di alcuni incidenti purtroppo letali.
PARCO CAMPO DEI FIORI (BRINZIO)

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Il Parco Naturale Regionale Campo dei Fiori è un Ente di Diritto Pubblico di cui fanno parte la Provincia di Varese, la Comunità Montana Valli del Verbano, la Comunità Montana del Piambello e  17 Comuni. La sede dell’ Ente di gestione del Parco è situata a Brinzio, unico comune il cui territorio è completamente inserito all’ interno dell’area protetta insieme a Masciago Primo. Il Parco comprende due massicci montuosi: il Campo dei Fiori e il Martica-Chiusarella.All'interno del Parco sono istituite 6 Riserve naturali che racchiudono gli ambienti più importanti e caratteristici; meritano poi una visita gli 8 Monumenti naturali disseminati nel territorio del Parco, piccole gemme di particolare interesse naturalistico.Tutto il Parco è facilmente visitabile attraverso i suoi 20 sentieri principali adeguatamente segnalati. L’area è attraversata da sentieri di più lunga percorrenza come il sentiero europeo E1, il sentiero del Giubileo, la Via Verde Varesina, l’ Anulare Valcuviano.
PARCO FLUVIALE DELLA BOSCA (MORBEGNO)

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Il Parco della Bosca, sito nel comune di Morbegno, si estende su un'ampia zona pianeggiante di fondovalle ai piedi del versante retico e comprende anche un tratto del fiume Adda.L'area è caratterizzata principalmente da una zona golenale, estesa per quasi trenta ettari, che sarà oggetto di specifici interventi di riqualificazione ambientale, finalizzati al ripristino del tipico bosco ripariale per lo sviluppo di attività didattico-naturalistiche e ricreative, supportate da una idonea rete di sentieri e piste ciclabili.  
PARCO DELL'ADAMELLO

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L'istituzione del Parco Regionale dell'Adamello risale al 1983. A livello territoriale e amministrativo il Parco si estende dal Passo del Tonale a quello di Crocedomini e comprende 19 Comuni. A est ha per limite il confine regionale tra Lombardia e Trentino e ad ovest si mantiene invece poco al di sopra della sponda sinistra dell'Oglio, il quinto fiume italiano per lunghezza.Il Parco regionale dell'Adamello funge così da ponte tra i due parchi limitrofi: quello trentino dell'Adamello-Brenta e quello più settentrionale dello Stelvio, a sua volta limitrofo al Parco Nazionale svizzero dell'Engadina. Un'area protetta che complessivamente salvaguardia 250.000 ettari di territorio, di cui il Parco dell'Adamello rappresenta la punta meridionale.
PARCO DELLE CINQUE VETTE

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A occidente del Ceresio, il massiccio del Piambello si articola in senso meridiano come una dorsale scandita da nette culminazioni: il Monte Poncione (m 999), il Monte Val dei Corni (m 994), la cima principale che dà nome al gruppo (m 1159), il Monte Marzio (m 880), e davanti a questo, verso il lago, il Monte Derta (m 785).Nell'insieme, queste cinque cime con i loro versanti boscati costituiscono un comprensorio di elevato pregio naturalistico, oggi curato e valorizzato dai Comuni di Cuasso al Monte, Marzio e Valganna come Parco delle 5 Vette; dal punto di vista "tecnico", si definisce quindi come Parco Locale di Interesse Sovracomunale (PLIS), cioè un'area ad elevata naturalità, estesa con continuità attraverso più Comuni che concorrono in sinergia alla sua tutela e alla promozione della conoscenza del territorio stesso, elemento quest'ultimo fondamentale affinché tutti i frequentatori, apprezzandone appieno la flora, la fauna, i paesaggi, li percepiscano come un bene comune e si sentano coinvolti in prima persona nella loro salvaguardia.Appena fuori dagli abitati di Cuasso al Monte e Cavagnano, il versante appare ammantato da estesi boschi dominati dalle essenze tipiche della fascia alpina settentrionale: la fitta ombra delle faggete rende fiabesco il paesaggio dei valloni e dei crinali fra Imborgnano e la vetta del Pianbello, e attorno al Monte Marzio, mentre in altri tratti è il castagno a spiccare, con le sue maestose chiome che si caricano in autunno di preziosi frutti. Qua e là svettano inoltre rare abetaie, inframmezzate da radure presidiate dai ruderi dei "caselli", costruzioni in pietra usate nei secoli scorsi per curare i pascoli; al margine infine, lungo le carrarecce, vaste chiazze di erica - anch'essa tipica dei suoli acidi sviluppati su substrato siliceo - si accendono del rosa dei minuti fiori estivi.Rosa carico, quasi sanguigno a tratti, è qui anche il colore della pietra, laddove lacera il verde con ardite balze: è il granofiro, una roccia di origine vulcanica esclusiva, per le sue caratteristiche, del massiccio del Piambello. Al di fuori del parco, alcune cave ne gestiscono lo sfruttamento controllato, immettendone piccole porzioni sul mercato internazionale dei "marmi" pregiati per l'edilizia.L'intero comprensorio è attraversato da oltre 60 chilometri di sentieri, in gran parte agibili sia agli escursionisti che alle bici da fuoristrada, fra i quali alcuni anelli principali attrezzati con pannelli illustrativi delle peculiarità naturali attraversate e con panchine-ristoro.E' così possibile spingersi sino ai punti panoramici delle Rocce Rosse, del Sass di Böl, del Sasso Paradiso, del Poncione e del Belvedere di Marzio, oppure immergersi nella storia del '900 lungo l'itinerario che raggiunge le numerose postazioni della cosiddetta Linea Cadorna, un linea difensiva costruita durante la Prima Guerra Mondiale per fronteggiare un'eventuale invasione austriaca da nord, attraverso la neutrale Svizzera, per fortuna mai verificatasi.Anche senza addentrarsi nel Parco, del resto, natura e storia accolgono il visitatore sin dalle sue porte: sulla rupe isolata a oriente di Cavagnano, gli imponenti ruderi del castello medievale di Cuasso, e nella conca fra questa e il versante principale, il laghetto di Cavagnano, Riserva Naturale specialmente tutelata per i suoi rari ambienti palustri e di torbiera, una sorpresa quest'ultimo per la sua integrità nonostante la posizione al margine della via principale d'accesso e a ridosso del paese.
SIC VAL MADRE

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Il SIC Val Madre si estende per circa 1480 ettari ed è in prevalenza ricoperto da fitti boschi.Il territorio è nel complesso molto impervio e diviene meno aspro nella parte intermedia ed alta della Val Fabiolo, nei pressi dell'alpeggio Dassola e nella alta Valle del Presio dove c'è un bel circo glaciale. Nel SIC non vi sono ghiacciai attivi, ma l'azione modellante dei ghiacciai quaternari è evidente in alcuni piccoli pianori a quota 1800-2000 sopra Rodolo e negli ampi depositi morenici in corrispondenza del terrazzo di Rodolo, con terreni profondi e freschi assai fertili.Il SIC è solcato da alcuni torrenti che determinano la formazione di ambienti di forra e fluviali caratteristici. Ad ovest, scorre il torrente Fabiolo, che sbocca direttamente nel fiume Adda e forma un conoide su cui sorge Sirta, allo sbocco di un'ampia vallata a canyon. Anche il rio Rodolo, che scorre sul largo e comodo versante di Alfaedo, e il torrente Presio, che forma una serie di vallette a est di Corna in Monte, sboccano direttamente nell'Adda. Il SIC è delimitato a oriente dalla valle del torrente Madrasco, sul cui conoide, allo sbocco in Valtellina, sorge Fusine.Specialmente alle quote medio-alte vi sono alcune pozze utilizzate per abbeverare il bestiame. Queste, insieme a un'area umida intorno alle sorgenti della Val Fabiolo, costituiscono un insieme di piccoli ambienti ricchi di biodiversità.
SIC DA MONTE BELVEDERE A VALLORDA

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Il sito “Da Monte Belvedere a Vallorda” si estende su una superficie di 2119,43 ha, di cui 1760,43 ha ricadenti sul territorio della Provincia di Sondrio, nello specifico nei comuni di Sernio, Tirano e Villa di Tirano e i restanti 359 ha in provincia di Brescia, nel comune di Corteno Golgi. Il SIC rientra nella regione biogeografia alpina.L’altitudine va da un minimo di 740 m s.l.m. ad un massimo di 2.150 m. Il territorio del SIC, per sua conformazione e vocazione, ospita attività turistico-ricreative durante l’intero arco dell’anno: i fruitori, sia durante la stagione estiva che invernale, sono turisti italiani e stranieri provenienti dalle principali località valtellinesi e camune limitrofe, ma anche residenti, interessati a visitare luoghi ancora naturalisticamente integri o praticare sport in ambiente aperto.Durante la stagione estiva sono praticate principalmente attività escursionistiche, trekking, ciclismo da corsa e in mountain bike; vengono inoltre organizzati raduni di quad, gare di rally, competizioni militari di orientamento nei boschi, passeggiate ed eventi enogastronomici, promossi da enti pubblici e di promozione turistica locali.Per quanto riguarda la gara di rally questa rientra nelle classiche gare del campionatomondiale che prima dell’istituzione del SIC veniva svolta nel periodo primaverile che, anche se interessa la strada comunale asfaltata lontana dagli habitat più pregiati, può comportare disturbo alle specie faunistiche e avifaunistiche presenti nelle praterie e boschi limitrofi alla strada nel periodo delicato per la riproduzione. A partire dal 2006 la gara è stata posticipata, in accordo con l’Ente gestore, nel mese di settembre evitando così l’eventuale disturbo.Durante la stagione invernale la maggior attrazione è rappresentata da una pista da fondo, realizzata in località Trivigno, che si sviluppa su complessivi 8600 m, con dislivelli compresi tra 15 e 90 m. Il tracciato della pista viene fatto coincidere, per la quasi totalità del percorso, con elementi della viabilità locale già esistente; la larghezza della pista, compresa tra 4 e 7 m, consente, anche nei punti più acclivi, di mantenere due corsie per la pratica rispettivamente delle tecniche “alternato” e “pattinato o skating”. La quota particolarmente elevata cui si trova la pista e lo sviluppo del tracciato nelle aree meno solive della piana di Trivigno, determinano una prolungata permanenza della neve al suolo e consentono quindi un utilizzo dell’impianto sciistico fino ai primi mesi primaverili.La gestione della pista è affidata a volontari del C.A.I., che durante il periodo di apertura al pubblico, provvedono alla battitura del tracciato con l’ausilio di gatti delle nevi di medie dimensioni, nei tratti di maggior passaggio e nei periodi di maggiore fruizione (periodo natalizio e tardo primaverile), garantendo una copertura minima di neve al suolo di 30 cm, senza ricorso ad innevamento artificiale. La presenza di strutture ricettive diversificate quali agriturismi, aziende agricole, ristoranti e alberghi, rappresentano caratteristici punti di appoggio sia per i visitatori di passaggio sia per le svariate manifestazioni programmate: visite guidate, animazione, incontri tematici.