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RISERVA NATURALE DEL LAGO DI PIANO

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Dalla sella di Grandola, volgendosi a occidente verso l'ampia valle del lago Ceresio, lo sguardo è catturato da un piccolo specchio d'acqua pressoché rettangolare, incastonato in una lussureggiante vegetazione che dispiega tutte le possibili tonalità del verde: si tratta del Lago di Piano e della sua Riserva Naturale, riconosciuta da Regione Lombardia - e, come Sito di Importanza Comunitaria o SIC, dall'Unione Europea -  e tutelata proprio per la sua ricchezza e varietà di habitat naturali, racchiusi a stretto contatto fra loro entro uno spazio di soli 176 ettari.

Erroneamente creduta sino al secolo scorso una valle di origine glaciale, la valle del Lago di Piano e del Ceresio - così come quella del Lario - ha origine invece in epoche molto anteriori alle glaciazioni del Quaternario.

La prospezione profonda, condotta con l'ausilio di onde sismiche artificiali a bassa intensità - che restituiscono una sorta di TAC del sottosuolo sino a migliaia di metri di profondità - ha mostrato infatti che a Gandria, poco oltre il confine svizzero, sotto il Ceresio c'è una valle fluviale incisa nel substrato roccioso sino a ben 240 m sotto il livello attuale del mare, e riempita da oltre 200 m di sedimenti; da qui, il fondo in roccia risale gradualmente, in poco più di 12 chilometri, sino a emergere a circa 280 m sul livello del mare, attorno al Lago di Piano.

Queste valli fluviali profondissime, che ospitano i grandi laghi delle Prealpi, hanno avuto origine circa 7 milioni di anni fa, in un periodo in cui il Mediterraneo era pressoché prosciugato, e gli antichi fiumi prealpini per scendere sino a esso dovevano scavarsi alvei molto più profondi di quelli attuali.

Solo successivamente, a partire da 2 milioni di anni fa, i ghiacciai hanno allargato e modellato la porzione superiore dei versanti.

La valle del Ceresio in particolare era percorsa da una diffluenza del grande ghiacciaio dell'Adda, che da Menaggio scendeva attraverso la sella di Grandola; durante l'ultima avanzata, la sua superficie lambiva qui i versanti attorno ai 1200 m di quota, invadendo anche le valli laterali di Cavargna e di Rezzo, che date le basse quote dei loro bacini erano pressoché prive di ghiacciaio proprio.

I tre dossi allungati che emergono per non più di 60 m dalla vegetazione attorno al lago - i Montecchi del Brione, della Mirandola e di Criaggia - testimoniano proprio dell'azione erosiva del ghiacciaio, a spese di un substrato costituito da argilliti nerastre e calcari marnosi, stratificati parallelamente all'asse della valle e con diversa resistenza all'erosione.

Il ristagno di una lama d'acqua - il Lago di Piano ha una profondità massima di 13 m - fra Porlezza e Bene Lario è legato invece in gran parte allo sbarramento ad opera della grande conoide mista, alluvionale e detritica, allo sbocco della Val Cavargna, e di quella - più piccola e prevalentemente da colate detritiche - della Valle Granisciola, sul versante opposto, ambedue accresciutesi dopo il definitivo ritiro dei ghiacciai.

Con la sua ridotta profondità e il continuo ricambio d'acqua col vicino Ceresio, il Lago di Piano consente la sopravvivenza di uno degli ultimi ambienti acquatici peripalustri delle montagne comasche; ma soprattutto, esso presenta tre habitat compresi nella classificazione Natura 2000, ovvero la cui tutela è considerata a livello europeo "di interesse prioritario" per la loro rarità o vulnerabilità:

  • le "praterie magre da fieno a bassa altitudine" (habitat 6510), sviluppate nei terreni umidi intorno al lago, e caratterizzate qui da una varietà di specie collegabile anche all'azione antropica di sfalcio; particolarmente importante è il Molinieto, caratterizzato dalla presenza di Molinia cerulea;
  • le "foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior" (91E0), boschi amanti i terreni umidi (igrofili), qui rappresentati da quattro diverse specie di salice - ampiamente diffuse in tutto l'intorno del lago - accompagnate da frassino e pioppo bianco;
  • le "foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion", boschi misti mesofili con acero e tiglio, diffusi sui versanti e nei valloni meridionali. Esse offrono asilo a numerose specie di mammiferi di "Interesse prioritario" o comunque protetti, fra cui moscardino, ghiro e scoiattolo comune, altrove ormai soppiantato dallo scoiattolo grigio americano, nonché la martora, la donnola e il tasso.

Altrettanto importante dal punto di vista faunistico è la vegetazione acquatica e perilacuale.

La prima comprende sia i grandi popolamenti di lenticchia d'acqua (Lemna minor) completamente galleggianti, sia specie a foglie natanti e fusto radicato, quali le ninfee (Nymphaea alba) e il nannufaro (Nuphar lutea), oltre alla rara castagna d'acqua (Trapa natans); anche questo rientrerebbe negli habitat prioritari, seppure non sia ancora stato registrato nella documentazione del SIC.

Attorno al lago si sviluppa invece il canneto, caratterizzato da graminacee a fusto eretto emergente dall'acqua, quali la canna palustre (Phragmites australis) e la tifa (Typha latifolia), e sparse aree di cariceto, con specie adattate ai terreni inzuppati, in particolare Carex elata e numerose specie rare.

Questi ambienti danno rifugio a una gran varietà pesci, di anfibi e di uccelli acquatici; fra questi ultimi spiccano specie considerate di particolare pregio, sia migratrici, quali l'alzavola, il falco pescatore, il tarabuso e il tarabusino, l'airone bianco, che più o meno sedentarie quali il cormorano, la folaga, la gallinella d'acqua, e non ultimo il martin pescatore, scelto come simbolo della Riserva stessa.

L'area del Lago di Piano si presenta quindi come un interessante esempio delle strette relazioni tra substrato geologico, comunità vegetali sviluppate su di esso e faune relative, con un elevato grado di biodiversità caratteristico delle cosiddette "zone umide".

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