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IL FORTE VENINI DI OGA

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Il versante nordorientale del Monte Masucco è segnato da una vistosa contropendenza, sita attorno a 1730 m di quota, vicino al piccolo abitato di Oga: essa è il segno più vistoso della continua, lentissima deformazione del versante sotto la forza di gravità, iniziata probabilmente durante l'ultima deglaciazione.


Sulla sua culminazione spicca una piatta e massiccia struttura di pietra grigia, che domina l'intera conca di Bormio e le montagne circostanti: il forte di Oga, costruito fra il 1908 e il 1914, per
difendere il confine italiano da una possibile invasione austriaca attraverso la pur neutrale Svizzera; testimonianza viva della Prima Guerra Mondiale, esso è intitolato al Capitano Corrado
Venini, Medaglia d'Oro al Valor Militare, morto in combattimento durante essa.


Circondato da una muraglia, da un fossato e da uno sbarramento di filo spinato e cavalli di frisia, il forte appare come un solido complesso parzialmente interrato, con un piano inferiore atto ad
ospitare 80 soldati e 8 ufficiali, e un livello superiore in cui si snoda il corridoio di batteria, che collega le torrette per le artiglierie, sporgenti dalla piatta sommità dell'edificio. Ai suoi estremi, due torrette rotanti a scomparsa erano dotate di mitragliatrici Gardner, azionate a manovella, con una gittata di 2 km, in grado di battere tutto il perimetro del forte contro eventuali attacchi di fanteria.   Fra queste, quattro torri circolari ospitavano altrettanti cannoni della Marina Militare, di calibro 120/40, protetti da cupole corazzate rotanti. La loro gittata di 12.800 metri permetteva di controllare tutti i passi di confine aperti sulla valle di Bormio, dal Foscagno alle Torri di Fraele sino alla strada dello Stelvio, la via preferenziale per un'eventuale invasione austriaca. Tutti questi obiettivi non erano direttamente visibili dalla garitta-osservatorio dell'ufficiale addetto al tiro, cosicché i calcoli balistici erano basati sulle informazioni che arrivavano, attraverso segnali ottici, dalle postazioni sulle cime circostanti, in particolare la caserma del Monte delle Scale. L'intero sistema difensivo integrato rese in tal modo possibile respingere tutti i violenti attacchi degli eserciti austroungarici, salvaguardano così Bormio e l'intera Valtellina.  

 

Durante la seconda Guerra Mondiale il forte invece non si trovò più in posizione strategica, e subito dopo venne abbandonato, mentre i cannoni furono venduti come ferro vecchio; nonostante ciò, la
struttura, mai raggiunta dai colpi nemici né particolarmente danneggiata all'interno, ha conservato pressoché intatti tutti gli impianti di sussistenza, dal sistema di riscaldamento al generatore elettrico e all'interfono; è stato quindi restaurato e aperto al pubblico e attualmente è il museo più visitato della Valtellina.
Attraverso i suoi corridoi, le torrette delle artiglierie, le caponiere, ma anche le cucine, i dormitori, le latrine, il visitatore può in tal modo rivivere emotivamente la dura vita dei soldati su queste montagne durante la cosiddetta Guerra Bianca.

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