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RICETTO DI CANDELO

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Un insediamento rurale tipico del Medioevo piemontese

Affacciato sull'orlo del pendio che scende verso il torrente Cervo, il Ricetto di Candelo è il rappresentante meglio conservato di una tipologia insediativa ampiamente diffusa nell'intero Piemonte nel Basso Medioevo, in un'epoca in cui il territorio era conteso fra diversi poteri locali - marchesati di Monferrato e di Saluzzo, conti di Savoia, libere città, ducato di Milano - e quindi soggetto a periodiche guerre e rovinose scorrerie.

Per difendersi da ciò, le popolazioni rurali locali ricorrevano alla costruzione di nuclei fortificati isolati, vicini all'abitato o addirittura addossati a castelli, ove poter trovare rifugio temporaneo e ricoverare i prodotti agricoli e i propri beni in caso di pericolo; quasi duecento di questi "ricetti" - dal latino receptum, ovvero ricovero, rifugio - sono noti attraverso la documentazione scritta medievale, ma solo di un'ottantina vi sono tracce materiali, spesso solo come ruderi o elementi architettonici inglobati negli abitati più recenti.

Fra questi, il ricetto di Candelo è forse l'unico ad aver mantenuto intatta la sua fisionomia originaria, intaccata solo sul prospetto frontale dalla costruzione, nel 1818, dell'attuale Palazzo comunale.

Opera collettiva a difesa della comunità

E' nel XIII secolo - l'epoca delle discese in Italia del Barbarossa - che gli abitanti di Candelo, sottoposti al potere feudale della Chiesa di Vercelli, decidono autonomamente di fondare la cinta muraria e i ricoveri al suo interno, affittando per essa un ampio lotto di terreno da un signore locale, e successivamente riscattandolo a proprie spese: si tratta quindi di un'opera collettiva, interamente voluta dalla comunità locale e senza alcun intervento da parte del feudatario, a differenza di altri borghi fortificati di questo tipo.

Proprio per questo alla fine del '400 i Candelesi si opposero al tentativo dei nuovi signori, i Ferrero, di rivendicare diritti sul proprio ricetto, fra cui la riscossione di un affitto annuo - un censo, nel linguaggio giuridico dell'epoca - e il possesso delle sue chiavi; un arbitrato risolse la contesa, dando loro ragione. A quell'epoca, le mura racchiudevano circa 160 casupole, a cui nei secoli se ne aggiunse un'altra quarantina, a completare l'ordinato tessuto urbano.

La struttura: funzionale e accuratamente pianificata

Superato l'unico ingresso - la torre-porta che si apre sul lato sudoccidentale della cinta muraria - il tempo appare fermarsi: casette dai tetti spioventi fittamente allineate si affacciano su vie lastricate in ciottoli di fiume, che mai mezzo a motore ha percorso.

In pianta, il piccolo borgo mostra la sua natura di opera pianificata con precisione sin dall'inizio: due vie trasversali parallele, ampie abbastanza per essere percorse dai carri, intersecano ad angolo retto cinque rue più strette, delimitando nove isolati a doppia manica - cioè con due file di edifici addossati; in fondo a esse, lungo la cinta muraria del lato nordorientale, affacciata sulla valle, è conservato anche un tratto della via di lizza, che un tempo correva lungo tutta la muraglia, e che oggi appare obliterata dagli ultimi edifici costruiti.

In ogni isolato le due file di casette - dette anche cellule - sono poi separate da riane o quintane, strettissimi vicoli aventi funzione di scolo delle acque e di rifiutaia. Tutta la superficie pende del resto verso nordest, per permettere il deflusso di acque e liquami verso lo scarico sotto la torre di cortina, in fondo alla rua centrale.

Edifici per rifugio temporaneo e deposito di beni e derrate

Le singole cellule hanno muri spessi oltre 60 centimetri, costruiti con ciottoli di fiume disposti a spina di pesce, e più raramente con grandi blocchi squadrati di pietra; solo qua e là appaiono tratti in muratura, rifacimenti o ampliamenti di varia età.

Ogni cellula comprende due vani sovrapposti e non comunicanti dall'interno: quello inferiore o caneva, più umido e col pavimento in terra battuta, era usato come cantina; quello superiore, il solarium, più secco e aerato, era invece deposito per le granaglie e alloggio temporaneo per la popolazione in caso di guerra. Mentre le caneve si aprono direttamente sulle rue, spesso con bei portoni in pietra, l'accesso ai solarii avveniva con scale lignee a pioli appoggiate direttamente al muro esterno, o a balconi anch'essi in legno e spesso ancora visibili, le cosiddette lobbie.

Dentro e fuori le mura: un'atmosfera ricca di fascino

Perdersi nelle rue del ricetto è un'esperienza unica: angoli silenziosi e remoti, incredibili scorci fioriti, piccole botteghe in cui curiosare, laboratori artigiani in cui vengono recuperati antichi mestieri, qualche taverna caratteristica... anche se non abitato stabilmente, il ricetto è vivo, e si anima in particolare attorno al centro gestito da Comune e Pro Loco, fulcro di numerose iniziative culturali, fra cui l'annuale rievocazione storica.

Altrettanto interessante è però anche il giro all'esterno delle mura: lungo il lato che fronteggia il fiume, esse si mostrano in tutta la loro imponenza, orlate di grandi merli fra i quali occhieggiano i tetti dei ricoveri; ai due estremi, sull'orlo del pendio, spiccano poi due delle quattro torri angolari a pianta circolare, nonché la quadrata torre di cortina centrale. E' qui soprattutto che si coglie appieno la sua natura di rifugio fortificato e ben difeso dalla valle retrostante.

Un'importante testimonianza storica

Con la sua struttura rigorosamente progettata e le sue mura resistenti ai secoli, il Ricetto di Candelo è anche un'importante testimonianza storica della complessità del tessuto sociale e politico medievale dell'Italia settentrionale: non solo signori feudali arroccati nei propri castelli e potenti Comuni mercantili, ma anche solide comunità rurali, organizzate e dotate non solo di iniziativa ma anche di risorse economiche adeguate ad autodeterminarsi.

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